L’India ha affermato di voler sospendere la propria decisione di permettere alle compagnie straniere la vendita diretta sul proprio mercato al dettaglio. Un passo che avevamo definito sostanzialmente rivoluzionario, per il subcontinente, e che avrebbe permesso ad alcuni big internazionali, come Wal-Mart, di poter entrare in uno dei mercati a più elevato tasso di crescita nel comparto, e contemporaneamente all’India di poter attrarre nuovi investimenti esteri, rilanciando ulteriormente il proprio sviluppo economico e produttivo.
La revisione della decisione da parte del governo indiano è stata scaturita dalle vibranti proteste della società e dei partiti di opposizione, che per due settimane hanno dato vita a mobilitazioni molto importanti per evitare che il provvedimento divenisse operativo. Le “barricate” alzate da coloro che hanno contrastato la decisione, hanno fatto sì che le autorità politiche del subcontinente optassero per un più congruo stop del processo che avrebbe consentito l’ingresso delle grandi corporate straniere, in attesa di assumere una nuova decisione in proposito.
Sul fronte politico, quanto è accaduto segna un grave passo indietro nella credibilità del premier Manmohan Singh, che secondo gli oppositori si sarebbe reso incapace di implementare dei cambiamenti economici radicali.
Ma non solo: la decisione di interrompere il processo di introduzione delle grandi compagnie straniere all’interno dei mercati nazionali ha provocato qualche grave scossone sulla piazza azionaria, con Pantaloon Retail India, il venditore al dettaglio più importante della nazione, che ha ceduto oltre 6 punti percentuali durante le negoziazioni in Borsa. Stesso destinato per la Shoppers Shop e per altre società di riferimento del copmarto nazionale.
Ricordiamo che l’iniziativa del governo indiano prevedeva che compagnie come Carrefour e Tesco, e altri big mondiali, potessero possedere anche il 51% delle compagnie indiane operanti con oltre un brand di riferimento (quindi, non solo negozi monomarca).