Un fallimento non certo inatteso: ecco come è andata a finire l’epopea della Saab, dopo settantaquattro anni di vita e due di lenta agonia. La compagnia automobilistica svedese si è infatti vista costretta a chiudere per liquidazione, dopo aver comunque sperato a lungo in un supporto importante da parte di alcuni investitori cinesi. In aggiunta, è stato necessario fronteggiare anche l’opposizione dell’ex casa madre, General Motors. Viktor Muller, ex amministratore delegato di Spyker, aveva acquisito il gruppo di Trollhättan nel gennaio del 2010 per circa 74 milioni di dollari in denaro cash e altri 326 milioni in azioni privilegiate, ma a distanza di un biennio non è riuscito a ottenere i finanziamenti necessari per modernizzare la società in tempo di crisi.
Tra l’altro, molti fornitori avevano interrotto da tempo le estensioni creditizie, costringendo la compagnia scandinava a uno stop obbligato della produzione presso l’impianto principale. Le ultime speranze erano state riposte nella Zhejiang Youngman Lotus Automobile, ma come si intuisce facilmente tutto è stato vano, anche perché la stessa General Motors non ha voluto sentire ragioni nel compromettere in maniera negativa i rapporti attuali con la Cina. A questo punto si presentano diversi problemi: in particolare, i sindacati locali hanno chiesto un incontro urgente con il governo di Stoccolma, in modo da sostenere in maniera adeguata i dipendenti della Saab nel cercare un nuovo lavoro.
Gli ultimi due decenni erano stati caratterizzati da vacche davvero magrissime, tanto che soltanto in un’occasione era stato possibile riportare un profitto, anche se i produttori globali hanno fatto sempre finta di ignorare questa situazione così disastrosa; secondo alcuni analisti, comunque, il brand potrebbe continuare a sopravvivere in qualche altra forma, ma non si è fiduciosi nemmeno in questo. L’insolvenza del gruppo era troppo evidente per scongiurare la bancarotta, ora si aspetta soltanto che la corte approvi la dichiarazione di fallimento e giudichi di conseguenza.