Un altro fine settimana …. e siamo ancora in attesa di un risultato in Grecia. I negoziatori-capo dell’Institute of International Finance (IIF) hanno lasciato il paese e ancora non si è sentito nulla che, almeno lontanamente, sembri risuonare come un affare concluso.
I detentori privati di debito greco hanno fatto la loro offerta “massima” circa le perdite che sono disposti ad accettare, secondo quanto riferito da coloro che stanno coducendo le trattative, lasciando intendere che ogni richiesta ulteriore potrebbe uccidere un accordo “volontario” e innescare un default.
Charles Dallara, direttore dell’Institute of International Finance, ha detto in un’intervista di essere “molto speranzoso e fiducioso” che le due parti possano raggiungere un accordo che impedirebbe un vero e proprio default della Grecia, quando un bond del valore di 14,4 miliardi di euro giungerà a scadenza nel mese di Marzo.
Dovremo solo aspettare e vedere. Ci sono molte incognite sul fatto che l’accordo iniziale possa essere realmente siglato e che questo potrà ritenersi sufficiente. Le voci di un haircut del 65-70% sono corrette? Gli hedge fund bloccheranno tale posizione? La Grecia dovrà applicare in modo retrospettivo una clausola di azione collettiva per ottenere un alto tasso di partecipazione? E i CDS ? E la BCE? Il resto dell’UE concorderà o ci sarà qualche azione legale?Un sacco di domande ma nessuna risposta reale, almeno in questa fase. Quello che sappiamo è che la Grecia ha una deve rimborsare oltre 14 miliardi di euro entro il 20 marzo e per soddisfare questo obbligo avrà quasi certamente bisogno di un altro salvataggio. Se i negoziati con i creditori non giungeranno rapidamente ad una conclusione (possibilmente entro il prossimo vertice UE in programma il 30 gennaio) la Grecia non potrà ottenere il sostegno supplementare di cui ha bisogno ed il default sarebbe l’inevitabile conseguenza.
E’ vero che due mesi rappresentano un arco di tempo molto lungo per l’economia europea: tutto può accadere da qui a Marzo, ma gli sviluppi e, soprattutto, l’esito delle trattative in Grecia, in ogni caso, aggiungeranno pressione su altri paesi deboli d’Europa, come il Portogallo:
In Grecia i colloqui con i creditori stanno attualmente procedendo sotto la voce di una ristrutturazione “volontaria”. Eppure le agenzie di rating hanno dichiarato in modo inequivocabile che qualcosa di diverso dalle condizioni iniziali degli obbligazioni sarà classificato come un default tecnico.
Tutto ciò pone il Portogallo in una posizione precaria. La maggior parte degli investitori privati ha già abbandonato le obbligazioni del paese. Ma gli osservatori del mercato sostengono che una ristrutturazione o un default portoghese potrebbe ancora riverberare in tutto il settore bancario europeo, gettando le economie più vulnerabili della zona euro e forse l’intera economia mondiale in pericolo finanziario.
Forse “pericolo” non è la parola corretta, ma non c’è dubbio che il risultato della Grecia, in un modo o nell’altro, avrà un effetto su altre nazioni periferiche. Quest’anno il Portogallo entra nel suo terzo anno supportato da un piano di salvataggio e il 2012 dovrebbe essere il più duro, con ulteriori aumenti delle tasse e l’eliminazione di due mesi di retribuzione per i dipendenti pubblici. Il governo sta già parlando di una contrazione economica del 3%, ma uno sguardo alle ultime statistiche della banca centrale, suggeriscono molto peggio.
Come abbiamo visto in Italia, il deleveraging del settore privato sta accelerando, guidato, in parte, dalla politica di austerità del governo, ma anche dalla “zombificazione” del sistema bancario.
Inoltre anche molti indicatori economici si stanno muovendo nella direzione sbagliata. Il governo portoghese, con il supporto finale dei sindacati, ha introdotto nuove riforme nel tentativo di rilanciare la competitività anche rendendo più facile per i datori di lavoro assumere e licenziare il personale, tagliando le vacanze e requisiti per il Tfr. Resta ancora da vedere se questi cambiamenti avranno un effetto sulla contrazione produzione industriale, ma dato il contesto di deleveraging, questo sembra improbabile. In entrambi i casi, l’ultima cosa di cui il paese ha bisogno a questo punto è una interrozuione, o fallimento, dei colloqui in Grecia, che si tradurrebbe in un ulteriore deterioramento della fiducia nelle economie periferiche d’Europa.