Patrizio Di Marco, amministratore delegato della celebre azienda di moda Gucci, è convinto che a una maggiore attrazione della clientela corrispondano anche prezzi più alti: dopo l’esperienza di due anni fa presso Bottega Veneta, lo stesso chief executive officer ha voluto porre una certa enfasi sulle materie prime più preziose, dopo alcune accuse secondo le quali il colosso di Firenze stava diventando meno esclusivo da questo punto di vista. Ecco spiegati dunque i trenta punti percentuali fatti registrare in media dai prezzi di vendita delle borse, nonostante la grave crisi del credito che sta attanagliando il continente europeo e tutti i suoi consumatori. Gucci sta sfruttando il logo classico dalla doppia G in maniera più moderata, producendo pezzi in pelle di pitone e anche di coccodrillo, cercando quindi di venire incontro ai clienti più facoltosi e dalle esigenze più sofisticate. D’altronde, circa il 5% dei ricavi è rappresentato attualmente da vendite di questo tipo, come confermato dallo stesso ad.
Di Marco ha anche spiegato chiaramente che:
Da Gucci, se guardi al prezzo e ai prodotti in allestimento, puoi senza dubbio affermare che c’è qualcosa di più rispetto agli altri. Nessuno può vantare una palla di cristallo e cerchiamo sempre di soddisfare ogni richiesta che proviene dal consumatore.
Si parla di prezzi molto alti, addirittura 4.100 dollari per le borse in pitone verde, tanto che il profitto complessivo dello scorso anno si è attestato su 3,14 miliardi di euro, nonostante il +12% dell’ultimo trimestre (il periodo compreso tra i mesi di ottobre e dicembre) sia stato inferiore rispetto alle previsioni degli analisti più importanti.
Le vendite totali dell’unità del lusso, poi, sono cresciute di diciannove punti percentuali negli ultimi tre mesi del 2011. Questo spostamento verso l’alto dei prezzi dovrebbe consentire a Gucci di trarre il massimo dal margine operativo lordo, senza dimenticare le cosiddette “vendite organiche”, quelle improntate proprio alla qualità dei prodotti.