L’esito del secondo round della maxi operazione della Banca centrale europea, denominata Ltro, è stato leggermente superiore alle aspettative: 529.500.000.000 (713 miliardi di dollari) rispetto alle previsioni degli analisti, di circa 500 miliardi di euro. Nella precedente, risalente al mese di dicembre, erano stati iniettati 489 miliardi di euro.
Questa volta, le banche in Europa che hanno ottenuto il finanziamento a basso costo offerto dalla BCE sono state 800, contro le 523 dell’ultima volta, segno evidente che l’inizale stigma intorno alla straordinaria operazione, è stato alla fine rimosso. Le banche spagnole e italiane, i maggiori acquirenti in occasione della scorsa operazione, hanno usato le partecipazioni delle loro obbligazioni sovrane come garanzia. Questo ha contribuito a ridurre i rendimenti dei titoli sovrani, che minacciavano di rimanere a livelli insostenibil rendendo impossibile la restituzione del debito. HSBC, la belga Dexia, l’austriaca Erste Group, e le spagnole Banco Bilbao e CaixaBank hanno dichiarato di aver attinto ai fondi Ltro.
Gli analisti hanno accolto con favore la notizia, ma hanno esortato alla cautela circa gli effetti a lungo termine. La BCE, che ha stimato all’inizio di febbraio di aver evitato una crisi del credito (credit crunch) con la sua prima operazione a tre anni, vorrebbe ora vedere le banche contribuire alla crescita economica europea, attraverso la concessione di prestiti alle famiglie e alle imprese. La questione è se le banche vogliono realmente giocare questa partita.
Nel corso delle prime settimane di gennaio le banche hanno parcheggiato una quantità di denaro record presso la BCE (depositi overnight pagati allo 0,25%). Ma per Barclays Capital, questi importi non sono un buon indicatore. A tal proposito, così scriveva Mario Draghi in una lettera inviata il 23 febbraio all’eurodeputato Francisco Sosa Wagner.
“Le ingenti somme che sono state parcheggiate presso la BCE non sono un indicatore significativo per valutare l’impatto delle operazioni a tre anni sul credito fornito dalle banche all’economia. (…) È importante che la BCE monitori e analizzi come la liquidità fornita, circoli tra le banche. (…) Nel complesso, le banche che hanno preso in prestito denaro dalla BCE non sono le stesse di quelle che utilizzano lo strumento di deposito”, scriveva Draghi.
Per l’agenzia Fitch Ratings, l’atteso effetto positivo sul mercato del credito potrebbe, malgrado tutto, trovare difficoltà a concretizzarsi, a causa della mancanza di una domanda significativa in Europa. Tuttavia, l’intervento della banca centrale ha già contribuito a ristabilire la fiducia nei mercati finanziari. Spagna e Italia sono stati in grado di ottenere finanziamenti a tassi in netto calo rispetto all’inizio di quest’anno e le condizioni si sono sensibilmente allentate per gli emittenti di debito privati (aziende). Sul mercato monetario, i tassi hanno continuato a rilassarsi: l’Euribor a tre mesi, che era ancora all’1,41% il 21 dicembre, è sceso sotto la soglia dell’1% nella giornata di Lunedì.
Una cosa è certa: il settore bancario non dovrà abituarsi a tali operazioni eccezionali. Un membro della BCE, Ewald Notwotny, in un’intervista al Times, ha infatti indicato che “non scatterà automaticamente il terzo round”. Per alcuni economisti, se ciò accadesse, si porrebbero domande sulla dipendenza del settore bancario dalla BCE, la cui vocazione non è quella di essere un prestatore di ultima istanza.