Il premier Wen Jiabao ha annunciato che la Cina sta abbassando il proprio obiettivo di crescita 2012 dall’ 8,0% al 7,5%, il livello più basso dal 2004. Immediatamente è scattato il campanelle d’allarme sui mercati, in quanto questo potrebbe essere il segnale che il periodo di forte espansione della Cina, la cui economia è cresciuta del 9,2% l’anno scorso, sta volgendo al termine.
Ciò che la Cina è risucita a compiere in questi ultimi anni è stato a dir poco straordinario. Nell’ultimo decennio ha saputo registrare crescite annuali al di sopra dell’ 8,0%. Ma mantenere questo passo, nell’attuale contesto congiunturale, sarebbe pretendere troppo. Anche dalla Cina.Dopo tutto, anche se ora è la seconda economia più grande del mondo ed è stata tra le economie a più rapida crescita negli ultimi anni, la Cina non è immune ai problemi che affliggono l’economia globale. Come spiegare, altrimenti, il recente e intenso allentamento della politica monetaria?
Lo stesso premier Wen Jiabao ha citato le poco incoraggianti prospettive per l’economia mondiale e l’elevata inflazione come due grandi minacce per la crescita e le motivazioni principali alla base della decisione di abbassare le previsioni di crescita della Cina. Alcuni potrebbero interpretare questo come un segno di pessimismo, ma forse, e più semplicemente, è una questione di mero realismo. Oggi è decisamente difficile mantenere un ritmo di crescita elevato, anche per i paesi più forti e competitivi.
La Cina vuole raggiungere una crescita sostenibile, e, per raggiungere l’obiettivo, prevede di effettuare importanti cambiamenti nei suoi fondamentali economici. I suoi leaders vogliono ridurre la dipendenza dalle esportazioni e dagli investimenti aumentando, al contempo, la spesa dei consumatori. Questo, tuttavia, richiederebbe un necessario e inevitabile periodo di transizione in cui si potrebbe persino assistere ad una contrazione dell’attività nel breve termine.
Le previsioni di un rallentamento in Cina hanno evidentemente mutato il sentiment del rischio. Valute rifugio per eccellenza come il dollaro statunitense (USD) e lo yen giapponese hanno registrato forti rialzi, mentre su azioni e materie prime in dollari, si è assistito ad un pesante e significativo sell-off.