Il phishing è un fenomeno più diffuso di quanto si pensi: si tratta, infatti, della truffa informatica che consiste nel convincere la vittima a fornire dei dati e delle informazioni sensibili. Tale caso è più che mai evidente quando si ha a che fare con l’home banking. I clienti degli istituti di credito devono essere attenti come non mai quando vanno a utilizzare i codici di accesso, ma c’è anche un’altra realtà di cui bisogna tenere conto, vale a dire la presenza di strumenti e mezzi che consentano agli utenti stessi di non trovarsi di fronte a situazioni così spiacevoli. Per fortuna, l’Arbitro Bancario Finanziario ha preso la sua decisione nel pieno rispetto della tutela del consumatore.
In effetti, questo sistema così particolare di risoluzione delle controversie si è occupato di un caso in cui non si era concesso nessun tipo di rimborso o risarcimento alla persona coinvolta, nonostante l’accertamento della pirateria informatica. Il truffato si è rivolto quindi alla Confconsumatori e dunque si è arrivati a questo dibattito. In pratica, il cliente coinvolto è titolare di un conto corrente presso un istituto e un attacco di phishing lo ha messo letteralmente nei guai, visto che a causa di quest’ultimo tre importanti somme di denaro sono state sottratte al suo totale. Le sottrazioni sono poi state scoperte e l’immediata reazione del soggetto è consistita nel blocco della carta e nel non riconoscimento delle operazioni che erano avvenute in questa maniera.
L’intermediario finanziario non ha voluto però rimborsare il tutto, visto che le operazioni in questione erano state effettuate, a detta dello stesso, avvalendosi della password di sicurezza. L’Abf ha dato ragione proprio al cliente, ricordando come l’impegno della banca nel proteggere dalle truffe elettroniche sia stato molto scarso. L’arbitro non esiste da molto tempo, ma il primo anno è stato caratterizzato da diverse cause e una buona percentuale che si è risolta in favore dei consumatori (il 61% per la precisione).