Nelle sole ultime sei settimane JpMorgan, una delle banche d’affari più importanti al mondo, ha perso più di 2 miliardi di dollari. Un vero e proprio smacco per un istituto di credito che era riuscito a destreggiarsi all’interno del mare della crisi finanziaria internazionale meglio dei principali concorrenti, e che pone a serio rischio la stabilità dell’immagine della struttura organizzativa e, in particolar modo, del numero 1 della banca, Jamie Dimon.
La causa di queste gravi perdite è infatti da ricondursi allo straordinario impatto negativo generato dalle politiche di copertura della banca attraverso i cds (i credit default swap, una sorta di contratto assicurativo di protezione contro i default di enti e società emittenti), impieghi che si sono rivelati, per dirla con le parole di Dimon, “un investimento più rischioso, volatile e meno efficace di quanto previsto”.
“Errori grossolani” – ha proseguito Dimon – “che hanno violato i nostri standard e i nostri principi in base ai quali svolgiamo le attività”. Ad esser colpevole sarebbe stato un trader londinese, in grado di gestire centinaia di milioni di dollari di posizioni. La stampa specialista non sembra tuttavia credere alla politica di deresponsabilizzazione di Dimon, che da più parti è considerato come una delle parti in causa di tale situazione, considerato che il manager è coinvolto in tutte le scelte rilevanti, anche operative, dell’istituto.
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Quanto accaduto tra le fila della banca americana ha acceso ancor di più la lente di ingrandimento della Securities and exchange commission, una sorta di Consob locale, che vuole ora vederci più chiaro su quanto si sta evolvendo in casa JpMorgan. La quale fa anche sapere che le operazioni poste in essere potrebbero generare almeno un altro miliardo di dollari di perdite nel trimestre in corso.