Quante cose sono successe dal 1981 ad oggi: in trentuno anni, ad esempio, sono aumentati parecchio gli italiani che possono permettersi di vivere in una casa di proprietà, visto che sono passati dal 64 all’81%. Come si spiega questo incremento di ben diciassette punti percentuali? Anzitutto, bisogna spiegare che si tratta di una elaborazione dei dati raccolti dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) e dall’Associazione Bancaria Italiana (Abi) sulla società del nostro paese. Il confronto con il resto del continente europeo mette ancora di più in risalto le cifre in questione, visto che al giorno d’oggi solamente il 46% dei tedeschi e il 61% dei francesi possono vantare lo stesso tipo di abitazione.
Volendo essere ancora più precisi, occorre sottolineare come anche gli stessi immobili di proprietà siano aumentati di trentadue punti percentuali, così come è successo al numero totale delle famiglie, nonostante l’incremento della popolazione non sia stato così rilevante. In pratica, Censis e Abi hanno riconosciuto come vi siano meno componenti per famiglia (2,4 invece che 3 come nel 1981) e questo ha avuto una influenza enorme da questo punto di vista. Tra l’altro, si rischia anche di avere dei riscontri piuttosto disallineati per quel che concerne le dimensioni effettive dell’unità immobiliari in questione.
L’Imposta Municipale Unica (Imu) avrà una ricaduta pesante, la scadenza della prima rata si avvicina sempre più (è prevista tra due giorni esatti), ma gli italiani non sembrano disposti a vendere le loro case per puntare sugli affitti, proprio come accadeva tre decenni fa. La dimensione media degli alloggi si è ora attestata sui 114 metri quadri per la precisione. Inoltre, non si deve dimenticare che si è persa quasi una stanza per ogni singola abitazione (0,8 se si vuole proprio essere precisi), mentre è interessante scoprire come negli ultimi cinque anni le abitazioni scambiate siano scese da 845mila a 598mila unità totali.