L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sta usando parecchie volte la sua dura bacchetta per redarguire diversi aspetti che non sono ben regolati dal suo punto di vista: un esempio lampante è la richiesta esplicita di una riforma della governance degli istituti di credito popolari che sono quotati in Borsa. Quali problemi sono stati riscontrati nello specifico? Il rimbrotto in questione è contenuto nella consueta segnalazione annuale che l’authority è solita presentare ai fini della cosiddetta legge sulla concorrenza. In pratica, l’ente guidato da Giovanni Pitruzzella ha fatto sapere come una ipotesi da percorrere potrebbe essere quella dell’abolizione definitiva della clausola di gradimento; in aggiunta, si dovrebbe eliminare anche il limite di utilizzo delle deleghe.
Ritornando a parlare della clausola di gradimento, quest’ultima consiste nell’espressione di una volontà positiva da parte di un organo sociale, una volontà a cui viene subordinato l’ingresso di un nuovo socio all’interno di una società di capitali. Il gradimento può essere rimesso all’assemblea dei soci, ma anche agli amministratori o a un comitato più ristretto di questi ultimi. Ma l’Agcm non si è limitata solamente a questi argomenti. Nel dettaglio, non si può dimenticare la pretesa di una maggiore simmetria tra la partecipazione alla vita della società e le quote di capitale che sono detenute mediante un ripensamento del voto per testa e delle soglie relative alla partecipazione in termini azionari.
Le considerazioni finali di Mario Draghi come governatore della Banca d’Italia, prima di assumere la direzione della Banca Centrale Europea, contenevano proprio questa serie di riforme, una sollecitazione che evidentemente non ha avuto seguito se, a distanza di tempo, l’Antitrust si vede costretta a ribadirla: Intermonte, società che si occupa dell’analisi finanziaria relativa alle compagnie quotate in Borsa, ha sottolineato questa coincidenza di proposte, ma anche il fatto che una modifica vera e propria è attesa da ben quindici anni.