Parmalat ha chiuso tre stabilimenti, ha ridotto la propria liquidità e si trova a fronteggiare un’agguerrita opposizione da parte dei sindacati ai progetti di sviluppo precedentemente avviati. Eppure, il management prospetta serenità, dichiarando che la società – nonostante la contrazione del “tesoretto” – sia pronta a fare acquisizioni senza ricorrere a nuovi indebitamenti. Vediamo allora cosa c’è di vero dietro i progressi Parmalat, a margine di una intervista che Corriere Economia del primo ottobre ha compiuto al direttore generale del gruppo emiliano, Antonio Vanoli.
Il piano per l’Italia degli investimenti Parmalat, che stanzia 180 milioni nei prossimi tre anni per crescere del 4% è li a dimostrare che la Penisola rimane strategica, dichiara l’approfondimento settimanale. Eppure le cose non stanno andando proprio per il verso giusto. “Assistiamo da inizio anno ad un calo della domanda di latte di mese in mese sia nel canale moderno sia in quello tradizionale, specialmente al Sud” – afferma il direttore generale Vanoli – “Con un mercato che sta andando così aver fatto un piano di investimenti di 180 milioni è un segnale di fiducia”.
Il piano in questione prevede il consolidamento della posizione del latte, panne e besciamelle (insomma, il core business societario), incrementando l’efficienza. “Abbiamo chiuso i tre impianti (Como, Pavia e Genova) per trasferire la produzione nell’impianto più efficiente di Albano, non per ridurla” – prosegue il manager, che poi aggiunge – “È finita l’epoca nella quale un azienda metteva sul mercato un prodotto nuovo e poi, diceva, vediamo come va. Tutte le multinazionali del food tendono ad innovare su prodotti a maggior valore aggiunto ma non è questo il momento di proporre ai consumatori prodotti costosi”.
Per quanto concerne la natura degli investimenti, Vanoli dichiara che “saranno divisi fifty-fifty tra marketing e rinnovamento impianti”. È inoltre previsto il rinnovamento delle linee commerciali, con nuovi prodotti Uht e il rientro nel gruppo delle produzioni precedentemente esternalizzate.