La corsa all’oro della Consob: non si tratta di un’epopea ricostruita attraverso un film, ma delle intenzioni espresse dalla Commissione Nazionale di Società e Borsa per quel che riguardale riserve auree che sono detenute dalla Banca d’Italia. La questione ha già avuto una buona ribalta diverso tempo fa, ma ora torna prepotentemente in auge. Cerchiamo di capire perché. Come ha spiegato il numero uno della commissione, Giuseppe Vegas, Palazzo Koch potrebbe mettere a disposizione il suo metallo giallo per ridimensionare in maniera adeguata il debito pubblico, anche perché l’istituto di credito centrale ha la possibilità di disporre di tutti i beni mobili e immobili che vuole.
Come è noto, il debito italiano è vicinissimo ai duemila miliardi di euro, una cifra impressionante. La stessa Bankitalia ha confermato a fine settembre come il suo tesoro aureo sia superiore ai 108 miliardi di euro per quel che concerne il valore, circa 5,2 miliardi in più rispetto al mese precedente. Ecco allora che questa dotazione così preziosa comincia a far gola. Tra l’altro, se si parte dal 2007, l’anno precedente alla prima crisi economica, ci si accorge che il boom è stato parti a 141,5 punti percentuali, visto che cinque anni le stesse riserve ammontavano ad “appena” 44,8 miliardi di euro.
Si possono sfruttare come ha ipotizzato la Consob? I limiti che si frappongono tra l’ipotesi e la realizzazione concreta del tutto sono relativi all’utilizzo di valuta estera, anche se l’oro non può essere considerato alla stregua di una moneta. Tra l’altro, esiste un regolamento del Consiglio Europeo che considera le riserve auree come un’attività da conferire nel caso in cui vi sia una richiesta espressa da parte della Banca Centrale Europea. L’idea più affascinante è quella che prevede il flusso dell’oro all’interno di un fondo, insieme a immobili e partecipazioni, per un ammontare complessivo di 120 miliardi di euro, denaro utile a fronteggiare il debito.