Poco più di un quinto degli italiani: è questa la porzione, non molto alta in verità, che si affida in questo momento storico alle forme integrative della pensione. Il risultato in questione (il 21% per la precisione) è stato ottenuto da Gfk Eurisko, nota società di ricerca che ha condotto un’apposita indagine per conto di Assoreti, vale a dire l’associazione nazionale delle società di intermediazione mobiliare (Sim) e delle banche. In pratica, si è deciso di scandagliare le scelte di un campione composto da mille capifamiglia in merito agli investimenti finanziari.
L’età presa in considerazione era compresa tra i trenta e i sessanta anni, senza dimenticare che tali soggetti erano tutti in possesso di un conto corrente, sia bancario che postale, oppure di una polizza assicurativa. Insomma, tutti questi requisiti hanno consentito di valutare una buona rappresentatività dei quasi sedici milioni di nuclei familiari. I risultati della ricerca sono stati presentati nel converso del convegno che la stessa Assoreti organizza ogni anno, un evento dedicato proprio alla previdenza complementare. Gli italiani, in primis quelli più maturi, conoscono bene i contenuti dell’attuale riforma delle pensioni, ma in questo momento domina soprattutto un sentimento pessimista per quel che riguarda l’ottenimento di una pensione che sia davvero adeguata.
Nel dettaglio, ben l’82% delle persone che sono state intervistate ha dichiarato di non nutrire ottimismo, una percentuale che sale fino all’85% nella fascia d’età che è compresa tra i quarantacinque e i cinquantaquattro anni (tra i 55 e i 60, al contrario, scende fino al 76%). Infine, oltre a mancare una pensione di sicuro affidamento per il futuro, non è chiara nemmeno la strategia di risposta: gli italiani sembrano preferire diverse soluzioni di investimento, tanto è vero che il 18% è disposto a lavorare ancora, il 17% sfrutterà i propri risparmi e il patrimonio, il 3% dovrà adeguare il proprio stile di vita e il 2% si farà sostenere dalla famiglia.