In prevalenza donne, di età pari a quarantatré anni, con ventisette ore di lavoro ogni settimana e una salario annuo di circa 6.400 euro: sono questi gli indizi principali del tipico lavoratore domestico di nazionalità straniera che opera nel nostro paese. Il settore in questione è stato colpito anch’esso dalla crisi economica e dalla congiuntura negativa, ma gli effetti sono stati subiti in modo piuttosto moderato. In effetti, questo trend è stato rilevato in maniera accurata la Fondazione Leone Moressa, l’ente che ha sede a Mestre e che è attivo nell’ambito degli studi e delle ricerche economiche da circa un decennio.
Ebbene, l’associazione ha voluto capire cosa è successo a questa categoria nel periodo compreso tra il 2010 e il 2011. Entrando maggiormente nel dettaglio, c’è da dire che nei 365 giorni in questione il totale dei lavoratori stranieri si è ridotto di 5,2 punti percentuali: il lavoro domestico, infatti, è letteralmente dominato dalla popolazione non italiana, con una copertura che arriva a superare addirittura l’80% della manodopera complessiva. Le caratteristiche di base sembrano essere rimaste sempre le stesse, in primis la stragrande maggioranza di donne, ma è stata osservata una tendenza sempre più marcata verso l’età anziana e livelli di reddito più alti rispetto al passato.
Questo vuol dire semplicemente che la popolazione è in fase di invecchiamento e radicata sul territorio, coinvolgendo qualsiasi strato. La contrazione in termini di numeri è stata però piuttosto evidente. Nel confronto con il 2010, la retribuzione delle donne straniere ha subito un rialzo di dieci punti percentuali. In aggiunta, oltre il 60% degli stranieri che sono impiegati nel settore a cui si sta facendo riferimento proviene dal continente europeo: i contribuenti stranieri sono 770mila, con una buona prevalenza di quelli che provengono da paesi dell’Europa orientale e meno di un quinto dall’Asia orientale. Infine, le due regioni a maggiore concentrazione sono state senza dubbio la Lombardia e il Lazio.