Secondo quanto affermato da Unioncamere, nel corso del 2012 sarebbero nate 383.883 imprese, per il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011. Di contro, sono 364.972, pari a quasi mille unità ogni giorno, quelle che hanno chiuso i battenti, con una crescita di 24 mila unità rispetto al 2011. Ne consegue che il saldo tra entrate e uscite si è attestato a 18.911, per il secondo peggior risultato dopo quello del 2009.
Stando a quanto ricordava il quotidiano Italia Oggi nell’edizione del 25 gennaio 2013, in seguito a quanto accaduto nel corso del 2012 si sarebbe “ristretto ulteriormente (-6.515 imprese) il tessuto imprenditoriale dell’industria manifatturiera, trascinato dalla forte contrazione dell’artigianato, che ha chiuso l’anno con 20.319 imprese in meno, delle costruzioni (-7.427) e dell’agricoltura (-16.791). Il conto più salato lo ha pagato il Nord che, Lombardia esclusa, ha perso circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali nel solo Nord- Est”(vedi anche Indis-Unioncamere: rincari pesanti per pasta, riso e carne).
Per quanto concerne le classi di neoimprenditori più dinamiche, a fornire il contributo più incisivo alla nascita delle nuove imprese sarebbero stati giovani under 35, immigrati e donne, attività del turismo, del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone.
“In questi anni” – ha dichiarato il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – “le imprese italiane hanno fatto letteralmente miracoli per restare sul mercato. In tante, anche in assenza di vere politiche di sostegno, sono addirittura riuscite a migliorare le proprie posizioni e a rafforzarsi. Ma molte di più non ce l’hanno fatta e, con loro, si sono persi migliaia di posti di lavoro” (vedi anche Unioncamere: aumentano le assunzioni, ma il saldo resta in negativo).
“Ora però il tempo è scaduto, tra poco la politica avrà di nuovo in mano le sorti del paese, e deve sapere che l’obiettivo primo e urgente della sua agenda deve essere quello di rimettere al centro dell’azione politica l’impresa, da cui dipende il lavoro, riducendo su entrambi i fronti la pressione fiscale in linea con le più competitive economie europee” – ha concluso il presidente.