Non sembra aver fine l’emorragia occupazionale greca. Secondo quanto affermagli ultimi dati ufficiali, a fronte di un crollo di 6 punti percentuali nel Pil (che ha permesso all’economia di tornare – suo malgrado – agli infausti livelli del 2001), il tasso di disoccupazione è schizzato al 27 per cento, con un picco del 61,7 per cento tra i giovani di età anagrafica compresa tra i 18 e i 24 anni: ogni giorno nella penisola ellenica si creano 1.000 disoccupati in più.
In un solo mese – l’ultimo – la Grecia ha infatti mandato in fumo circa 30 mila posti di lavoro e, secondo uno studio del principale sindacato greco nel settore privato, i lGsee, entro la fine dell’anno 3,9 milioni di persone (su 11) vivranno sotto la soglia di povertà, attualmente fissata in 7.200 euro l’anno. Il proodtto interno lordo dell’ultimo trimestre è stato pari a 40,6 miliardi di euro, con un crollo cumulato dal 2007 pari a 20 per cento. Nel 2013, la flessione del Pil dovrebbe invece arrestarsi al – 4,5 per cento (vedi anche Nuovi aiuti Grecia).
Alla luce di tutto, sottolineava il quotidiano La Repubblica poche ore fa, il Paese fa davvero fatica “a festeggiare il riconoscimento dell’Ocse che ha regalato ad Atene la palma del paese a maggior tasso di riforme tra il 2011 e il 2012 assieme agli altri Piigs continentali, pur ammettendo che “la strada da percorrere prima dell’uscita dal tunnel è ancora lunga”. Percezione che tra le strade di Atene, in mezzo alle serrande abbassate e alle manifestazioni ormai quotidiane a Syntagma è già particolarmente chiara”.
Le uniche notizie positive provengono dai titoli di debito pubblico, con il rendimento dei decennali che nel corso degli ultimi mesi è calato drasticamente, quasi a voler sottolineare una (parziale) ritrovata fiducia da parte dei mercati finanziari.
Vedremo, nel corso dei prossimi, decisivi, mesi, quale sarà la sorta del Paese e – soprattutto – dei suoi cittadini.