Niente “bad bank”, almeno per il momento: l’Associazione Bancaria Italiana ha rispedito al mittente la proposta avanzata e suggerita da Mediobanca, la quale prevedeva appunto la creazione di questa società-veicolo in cui introdurre tutti gli assets tossici delle banche. Secondo Giovanni Sabatini, direttore generale dell’Abi, l’ipotesi è stata formulata partendo da un presupposto non corretto, visto che non si possono fare paragoni tra il nostro paese e la Spagna. Quale sarebbe allora il problema degli istituti di credito italiani? Gli accantonamenti dei crediti cosiddetti in sofferenza erano di poco inferiori ai 122 miliardi di euro a novembre.
L’urgenza principale sarebbe quella di coprire le sofferenze stesse. Nella nazione iberica si è ricorsi a cure sistemiche, ma, sempre secondo il punto di vista dell’Abi, da noi non vi sono gli stessi aspetti patologici. Sabatini ha anche ricordato come le percentuali di copertura degli istituti di credito spagnoli sono molto più alte rispetto a quelli nostrani. Ecco perché un confronto tra i numeri non è assolutamente possibile. Tra l’altro, i crediti deteriorati sono stati rilevati in maniera molto rigorosa nel Belpaese, diversamente da altrove. Ma in cosa differiscono esattamente i due sistemi bancari?
Nel caso iberico, non sono ricompresi tra i crediti deteriorati anche quelli che sono noti come prestiti “ristrutturati”. Una delle peggiori incertezze dell’Italia è rappresentata in questo momento dalla situazione politica, le elezioni sono terminate da oltre due settimane e ancora non si sa in che maniera sarà composto il nuovo esecutivo. L’ipotesi della bad bank era spuntata anche sul finire del 2011, in occasione del disastro di Dexia Sa, istituto di credito belga salvato dal governo. In quella occasione, infatti, non ci fu un bis per quel che riguarda il fallimento di Lehman Brothers, proprio grazie all’accumulo dei titoli tossici nel veicolo in questione, una scelta che spesso viene definita la più idonea per salvaguardare i clienti coinvolti.