È un vero e proprio caso quello che ha coinvolto il Vaticano dopo il blocco delle carte di credito di qualche tempo fa: a partire dal primo giorno del 2013, infatti, la Banca d’Italia ha imposto questa sospensione per quel che concerne i bancomat della Santa Sede, a causa delle norme antiriciclaggio considerate poco adeguate. Tutto è stato risolto nel giro di un mese e mezzo, ma è bastato così poco tempo per danneggiare le vendite online sia di francobolli che di monete. Gli ordini di questi oggetti tipici del collezionismo, molto ambiti nella fase di passaggio da Benedetto XVI a papa Francesco, vengono perfezionati soltanto tramite le carte di credito e il sistema di accettazione non ha quindi funzionato.
Volendo essere ancora più precisi, però, il blocco in questione è stato molto più lungo, visto che gli acquisti sul web non sono ripresi che a fine maggio. I danni economici sono stati di conseguenza molto alti, come testimoniato anche dall’Associated Press, secondo cui l’ufficio numismatico del Vaticano avrebbe un ritardo di diversi mesi. Non ci sono cifre esatte per quantificare il fenomeno, ma si parla di qualche decina di milioni di euro, una somma importante dunque. Non si tratta solamente di aver penalizzato i già citati francobolli e le monete, ma anche i saldi invernali e altri acquisti simili, dato che l’unico circuito accettato era VPay.
La Banca d’Italia non ha commentato quanto accaduto, si è fatta sentire quando il servizio è stato ripristinato a febbraio, ma in quel caso si trattava esclusivamente dei terminali dei punti vendita. Per quel che riguarda il commercio elettronico e le relative vendite non si può dire la stessa cosa. Tutto è comunque nato dalla mancata richiesta e dell’assenza di autorizzazione da parte di Deutsche Bank in relazione all’installazione dei Pos (Point of Sale), una lacuna che non è stata colmata e che ora viene pagata a caro prezzo.