L’India sta bruciando carbone nei propri impianti energetici al ritmo più veloce in assoluto degli ultimi trentuno anni. Allo stesso tempo, le scorte domestiche di gas naturale, la principale alternativa in tal senso, sono scese in maniera incredibile in Asia, secondo i dati che sono stati resi noti dal colosso British Petroleum per quel che riguarda il 2012. Si tratta di due trend molto interessanti e che vanno analizzati, anche perché si sta parlando di economie emergenti. Il crescente appetito indiano per il carbone importato dovrebbe beneficiare di rifornimenti nuovi di zecca, per quello che è un commercio globale da sessantanove miliardi di dollari.
Ecco perché la nazione asiatica dovrebbe letteralmente eclissare la Cina in relazione alla classifica dei paesi importatori a partire dal 2014. L’ex Impero Celeste si è caratterizzato lo scorso anno per il rimo più lento in assoluto dal 2008, mentre la domanda americana è in declino da due anni a questa parte. Insomma, l’India sta diventando un importante novità per il mercato in questione, tanto che gli esportatori potrebbero guardare con grande interesse ai suoi prezzi. Le importazioni cinesi, invece, stanno continuamente calando perché si fa sempre più affidamento sul carbone domestico. In territorio indiano si è utilizzato il 10,2% in più di carbone rispetto a un anno fa, la crescita più consistente dal 1981.
Il BP Statistical Review 2013 è ovviamente la versione più aggiornata di tale rapporto della multinazionale energetica. Le economie maggiori stanno utilizzando più gas naturale a basso impatto ambientale per produrre la loro energia elettrica e ridurre le emissioni di carbone in atmosfera. I principali acquirenti indiani sono senza dubbio due gruppi, Adani Enterprises Limited, attivo soprattutto nella logistica e nel comparto energetico, e Tata Group, celebre, ma non solo, per i suoi autoveicoli, che insieme hanno totalizzato qualcosa come 15,6 milioni di tonnellate ad aprile (si tratta di stime fornite da Interocean Group).