È un momento difficile per la Cina, la cui crescita nel 2016 sarà sotto il 6%. Dalle parole di Yu Yongding, docente universitario e uno dei più prestigiosi ricercatori dell’Accademia cinese di Scienze Sociali, la situazione è delicata e di difficile risoluzione. Gli elementi negativi ancora irrisolti sono diversi: l’efficienza di capitale, la produttività del lavoro, l’eccesso di investimento delle industrie cinesi e un’economia che si basa soprattutto sull’export.
Ed è proprio quest’ultimo uno degli aspetti più importanti da prendere in considerazione: garantire prodotti da esportare ha portato, dal 2008 in poi, ad una sovrapproduzione delle imprese, che ha determinato di conseguenza un gap crescente tra produzione e capacità di assorbimento della domanda. Questo eccesso di investimento ha trasformato numerose aziende in “imprese zombie” senza profitto, che devono far fronte a società di recupero crediti e a un indebitamento sempre più profondo.
La crescita della Cina a fine 2015 era al 6,9%, tasso di crescita che rappresenta il minimo negli ultimi 25 anni. Cosa fare, quindi, perché la situazione non peggiori? Diverse le proposte arrivate da Pechino in questi giorni, una su tutte: puntare sui consumi interni e non solo sull’export. Poi toccherà chiudere le già citate zombie enterprises, ridimensionare i comprarti che soffrono di sovrapproduzione e, fondamentale, modernizzare e innovare le imprese di Stato.
Una situazione che, purtroppo, costerà a Pechino molti posti di lavoro, un numero che si aggira intorno ai 6 milioni. E se da una parte queste decisioni costringeranno molti cittadini a rimanere senza lavoro, dall’altra la Cina si impegna a tutelare queste persone: il premier cinese Li Kewiang, infatti, ha parlato in questi giorni della creazione di un fondo di 100 miliardi di yuan (circa 15 miliardi di dollari) che serviranno a ricollocare i futuri disoccupati. Importante è anche la sfida dell’occupazione: nei prossimi cinque anni Pechino si impegna a creare oltre 50 milioni di posti di lavoro nelle aree urbane, una decisione che permetterebbe di mantenere la disoccupazione in Cina al di sotto del 4,5%.
Fonti: La Repubblica, Il sole 24 ore, Valori.it, The Economist
Articolo scritto in collaborazione con Invenium, da 20 anni leader in Europa nella gestione e recupero di crediti internazionali.