La BCE si è impegnata a riportare l’inflazione in Europa almeno al 2%, considerato il livello ottimale per far ripartire l’economia, che però gira anche grazie alle classi più povere, che certamente spendono tutti i loro risparmi per vivere. Così, dopo che l’Istat ha certificato un’inflazione del 1,2% nel 2017, dopo la contrazione del -0,1% dell’anno precedente, torna l’antica domanda sui prezzi. Meglio un margine di inflazione per far ripartire la produzione e i consumi, ma danneggia i più poveri, o è preferibile una politica di prezzi accessibili a tutti?
Anche qui l’analisi deve essere fatta nel dettaglio. Purtroppo l’inflazione nel 2017 ha colpito molto i generi alimentari, e tutti quei prodotti indispensabili per vivere. Energia e alimentari sono aumentati dello 0,7%, in una situazione già precaria per molte famiglie. E nel 2016, con la contrazione, erano comunque aumentati dello 0,5%.
L’andamento ha visto una crescita maggiore nel primo semestre, per poi rallentare. A pagare maggiormente è stato il Trentino Alto-Adige, dove l’inflazione è stata del 1,4%, in particolare nel settore dei carburanti e degli alimentari grezzi, che servono a fabbricare il cibo nell’industria agroalimentare.
L’energia è salita di ben 4,6 punti percentuali, dopo la forte contrazione dell’anno precedente (-5,6%), mentre gli alimentari pagano fortemente l’aumento dei prezzi delle verdure fresche (+11,1%) e della frutta fresca (+5,8%). Un brutto colpo, per chi, come disoccupati e pensionati, deve fare la spesa con un occhio al portafogli.