Riparte il piano di salvataggio di Alitalia dopo che Delta Air Lines ha deciso che entra a far parte del consorzio a cui sta lavorando Ferrovie dello Stato.
La quota iniziale della compagnia aerea americana è del 10%, circa 100 milioni di euro, ma potrebbe negli anni raddoppiare o arrivare addirittura al 49% – prima del termine del piano di quattro anni – se Alitalia avrà dei risultati positivi.
A raccontare lo scenario attuale è il giornalista Gianni Dragoni in un articolo pubblicato su Il Sole 24Ore, dal titolo “Alitalia, dopo il no di easyJet servono altri soci. Salvataggio in salita”.
La decisione di Delta, non prevista e non scontata, è arrivata a conclusione di un incontro che si è tenuto negli Stati Uniti tra l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Gianfranco Battisti, e il suo omologo in Delta, Ed Bastian.
Ad Atlanta, dove ha sede il quartier generale di Delta, l’ad Battisti ha concluso il lungo negoziato avviato da tempo con l’amministratore delegato Ed Bastian, portando così a Roma la decisione di Delta di entrare nel consorzio pro-Alitalia.
Ferrovie dello Stato nella chiusura del piano industriale per Alitalia stanno procedendo in stretto coordinamento con il ministero dell’Economia e quello dello Sviluppo economico.
“Le Fs rimangono il socio aggregatore – scrive Dragoni – , con un piano industriale che prevede una combinazione con le tratte ferroviarie ad alta velocità (la cosiddetta intermodalità) nel breve raggio, questo consentirebbe di eliminare voli Alitalia che oggi sono in perdita secca. La quota di Fs nel capitale della “newco” non potrà superare il 30%, Battisti lo ha detto fin dall’inizio e questo è stato confermato sia negli incontri con Delta sia nei colloqui con il governo al massimo livello. L’altra condizione posta dall’a.d. delle Fs è che l’operazione Alitalia non distragga risorse dalla capacità di investimento delle Ferrovie e non ne intacchi le capacità reddituali”.
Il ministero dell’Economia, con una quota massima del 15%, è un altro socio già confermato in questo consorzio.
Dragoni spiega nel suo articolo che “Il Mef convertirebbe in capitale una parte del prestito statale di 900 milioni concesso ad Alitalia dopo il commissariamento. Un prestito che oggi Alitalia non ha le risorse per restituire (alme no non per intero) e infatti la scadenza del rimborso è stata prorogata più volte, l’ultimo rinvio è al 30 giugno prossimo. La nuova compagnia per partire avrebbe bisogno di una dotazione di capitale dell’ordine di 900 milioni-un miliardo, a titolo indicativo”.
Il 45% di capitale che ancora manca per chiudere tutta l’operazione, Ferrovie dello Stato potrebbe andarlo a cercare in società pubbliche.
L’Eni, Leonardo-Finmeccanica e Cassa depositi e prestiti hanno già comunicato di non essere disponibili.
Ci sono contatti in corso con altre società dell’area pubblica, come Poste Italiane, è stata inoltre sondata anche Fincantieri, a cui si aggiungono, come scrive il giornalista Dragoni, “altri tentativi con società partecipate da Cdp, come Fintecna e il fondo Quattro R”.
Entro il 21 aprile Ferrovie dello Stato vuole avere il piano di rilancio già completo dei nomi dei partner industriali.
Alitalia è stata posta in amministrazione straordinaria nel 2017 dopo che i lavoratori hanno respinto l’ultimo di una lunga serie di piani di salvataggio.