Il debito pubblico italiano attuale è peggiore di quello registrato nel Dopoguerra: una valutazione che pesa come un macigno su una già poco stabile situazione. Si sapeva che i dati fossero gravi nella loro totalità, ma non si immaginava davvero fino a questo punto.
Si parla di ben 2.316,7 miliardi di euro (fine dicembre 2018) e di una sua sostenibilità che non sembra essere a portata di mano. Il dato che più viene preso in considerazione però è il rapporto tra debito e Pil, attualmente pari al 132,1% che potrebbe raggiungere il 133% con facilità se si dovesse continuare su questa linea di crescita inesistente. A lanciare l’allarme è una ricerca che è stata presentata nel corso della trentesima edizione del Workshop Ambrosetti di Cernobbio che sottolinea come l’attuale rapporto debito/pil sia solo a 18 punti di distanza da quello che è stato il “livello massimo raggiunto nell’economia post bellica del 1920” e che è “del 22% superiore al picco raggiunto nella Seconda Guerra Mondiale“.
Un’informazione che non entusiasma ma che dovrebbe in realtà mettere in agitazione anche chi è ancora “calmo” a proposito di questo dato. Il suggerimento degli autori del rapporto è quello di seguire l’esempio del Belgio di qualche anno fa che lavorando su diverse misure è stato in grado di far calare il rapporto debito/pil di ben il 51,1%. Mantenendo una stabilità governativa invidiabile ed un flusso costante di avanzi primari con una crescita media annuale del Pil del 2,4% ma senza gravare sulle persone perché pur aumentando l’Iva, le tasse sui capitali e sulle proprietà insieme alle accise hanno diminuito sensibilmente le imposte sulle imprese e sulla persona tagliando allo stesso tempo di almeno l’8% la spesa pubblica.