Facebook ci ricasca e, per una scorretta gestione della privacy dei propri utenti, si ritrova a dover pagare una multa di 7 milioni di euro all’Autorità per la privacy italiana: sotto accusa ancora una volta le scarse e poco chiare informazioni messe a disposizione per ciò che concerne l’uso dei dati raccolti dal social network.
Facebook prende atto della sanzione
Un provvedimento che segue quello già emesso nel novembre del 2018, quando il social network di Mark Zuckerberg era già stato condannato a pagare una sanzione per lo stesso motivo. Sembra proprio che Facebook non abbia alcuna intenzione di modificare il proprio comportamento in tal senso, proseguendo sulla propria strada in attesa dei ricorsi posti in essere quasi due anni e mezzo fa rispetto alla prima decisione dell’Authority. Ha infatti dichiarato l’azienda attraverso un portavoce:
Prendiamo atto dell’annuncio della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ma rimaniamo in attesa della decisione del Consiglio di Stato sull’appello che abbiamo presentato rispetto al provvedimento iniziale emesso dall’Autorità. La tutela della privacy per noi è estremamente importante e abbiamo già apportato uno serie di cambiamenti, anche alle nostre Condizioni d’uso, per chiarire ulteriormente come utilizziamo i dati per fornire i nostri servizi e la pubblicità personalizzata.
Modifiche che però continuano ad essere considerate insufficienti e non soddisfacenti per l’Antitrust, il quale che richiede ulteriore chiarezza e una completa accettazione di quelle che sono le norme relative alla privacy in Europa.
Il problema tra l’Antitrust e Facebook
Detto ciò, è impossibile non sottolineare come il vero problema tra Facebook e l’antitrust italiano riguardi essenzialmente l’incapacità del social network di seguire quelli che sono i consigli e le correzioni da ottemperare per ciò che concerne le proprie condizioni d’uso. Spesso e volentieri, l’utente che si avvicina qualsiasi sito o social non è abbastanza preparato da saper riconoscere dove le informazioni non sono adeguate a spiegare in modo completo la gestione di diversi fattori ad essi collegati. Nel caso del portale di Mark Zuckerberg il problema consta nella mancanza di rimozione della pratica scorretta sull’utilizzo dei dati degli utenti è la mancata pubblicazione della dichiarazione rettificativa che era già stata richiesta qualche anno fa.
La motivazione alla base della multa dell’antitrust riguarda il fatto che le informazioni fornite dal social network risultano ancora generiche e incomplete e non distinguono in maniera corretta e comprensibile quello che è l’utilizzo dei dati necessario per la personalizzazione del profilo e quello legato alla realizzazione di campagne pubblicitarie mirate. Una disattenzione che rischierà di costare cara a Facebook.