La Heineken lascia la Russia, vendendo simbolicamente tutte le sue attività nel paese per la modica cifra di un euro. Parliamo dell’ennesimo colosso che si è deciso, finalmente, ad abbandonare il paese.
Passo importante per Heineken
Più nello specifico la Heineken ha venduto tutte le sue attività in Russia al gruppo Arnest. Per chi non lo conoscesse parliamo del più grande produttore russo di cosmetici. Conosciuto anche per la sua produzione di imballaggi di tipo metallico e articoli per la casa. Come già anticipato la vendita è avvenuta attraverso il pagamento della cifra simbolica di un euro.
In questo modo anche Heineken abbandona il mercato russo definitivamente, dopo un processo durato più di un anno. In base alle stime eseguite dall’azienda, la stessa perderà cumulativamente circa 300 milioni di euro. Una cifra ritenuta dalla società quasi trascurabile se si prende in considerazione l’utile per azione dell’anno corrente.
Arnest, che abbiano già sottolineato produce principalmente cosmetici e imbottigliamento in lattine, acquisisce in questo modo non solo i sette birrifici in suolo russo, ma anche i 1800 lavoratori degli stessi, assicurando loro un impiego per almeno i prossimi 3 anni. “Anche se ha richiesto molto più tempo di quanto sperassimo“, ha dichiarato Dolf van den Brink, ceo di Heineken, “questa transazione mette al sicuro le fonti di reddito dei nostri dipendenti. E ci consente di lasciare il Paese in modo responsabile“.
Un approccio abbastanza maturo alla situazione, volto a salvaguardare anche i lavoratori. Sono state moltissime le aziende e le società che hanno lasciato la Russia dopo l’attacco all’Ucraina. Alcune realtà multinazionali mantengono la loro presenza nel mercato. Tra di esse anche due banche importanti italiane come Unicredit e IntesaSanpaolo.
Ecco cosa prevede l’accordo
Tornando alla fuoriuscita di Heineken dal mercato russo, l’accordo prevede che la società cessi anche la produzione della birra Amstel. Allo stesso tempo nessun marchio internazionale sarà concesso in licenza, con l’eccezione dei marchi regionali più piccoli. Questi fanno parte di una licenza triennale necessaria per assicurare la continuità per specifiche località.
Il gruppo olandese si può permettere di considerare trascurabile la perdita perché lo scorso anno ha fatturato oltre 27 miliardi di dollari. Quella che nel 1886 era nata come una piccola birreria di Amsterdam, nei decenni è cresciuta fino a divenire la seconda più grande produttrice nel mondo.
Basti pensare che attualmente la produzione attuale è pari a oltre 200 milioni di ettolitri, divisi in 250 marchi. Tra di essi ve ne sono di recente alcuni di origine italiana come Birra Messina, Birra Moretti e Ichnusa.