Beko, quasi 2mila licenziamenti in Italia

Quasi duemila licenziamenti in Beko previsti nel nostro paese. Più precisamente si parla di 1935 esuberi. Un numero inaccettabile sia per i sindacati che per il Ministero delle Imprese e del made in Italy.

Cosa accade di preciso con Beko

Il dossier Beko e le sue criticità sono storia conosciuta. E il piano industriale presentato dalla società in questione pone tutti davanti a un ineluttabile verità: è in atto un importante ridimensionamento. Nel nostro paese sono infatti previsti il ridimensionamento di un centro di ricerca e di uno stabilimento e la chiusura di due siti.

Più nello specifico è prevista la chiusura, entro il prossimo anno, di quelli di Comunanza (Ascoli Piceno) e Siena, rispettivamente fabbriche di lavatrici e congelatori. Tutto parte da una intenzione di ridimensionare questi due settori per poter ampliare la produzione del’ambito cottura. I tempi previsti per questi cambiamenti sono molto rapidi. Ed è proprio per tale ragione che Beko ha previsto un numero così alto di esuberi.

I dati provengono da un incontro della società con il ministero e con le parti sindacali. E dobbiamo sottolineare che tale decisione è giunta a margine di un periodo di cassa integrazione prima imposta dalla gestione ex Whirpool e poi da Beko. Le reazioni come già anticipato non sono state tenere e se i sindacati si preparano a manifestazioni e proteste, il Governo ha già fatto sapere che userà il Golden power.

La multinazionale mette in atto tagli, contemporaneamente investendo sui settori che ritiene più redditizi e sensibili di crescita. In una nota viene infatti spiegato che il contesto globale “rende necessario riequilibrare le produzioni” preservando nel nostro paese quelle che sono le attività profittevoli e sostenibili. L’Italia avrà comunque un ruolo centrale per quel che concerne Beko e la produzione nella categoria cottura. Ma si ha comunque la necessità, usando una metafora, di tagliare i rami secchi per dare spazio a nuovi prodotti e all'”innovazione dei processi produttivi“, sfruttando la robotica e l’automazione della logistica.

Le perdite degli ultimi anni non risanabili

Tradotto in parole semplici verrà chiuso ciò che appare in perdita, modificato quel che è possibile rendere maggiormente sostenibile e confermato ciò che funziona bene.

Come già sottolineato le chiusure e i tagli colpiranno il settore del lavaggio e della refrigerazione. Su questo, ovvero il sito di Siena, non verrà investito ulteriore denaro a causa delle perdite degli ultimi cinque anni nonostante gli investimenti passati di Beko. L’insostenibilità economica della produzione in ambito lavaggio porterà invece allo stop ad Ascoli piceno.

Per entrambi gli stabilimenti il piano industriale di Beko prevede un percorso di reindustrializzazione per la riconversione delle attività produttive. Gli esuberi colpiranno maggiormente gli operali (oltre mille unità) ma anche impiegati e dirigenti. Il Mimit e i sindacati ovviamente si oppongono alle decisioni della società, puntando a preservare l’occupazione.

 

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