John Elkann, dazi e transizione energetica affondano il settore

Per John Elkann, presidente di Stellantis, i dazi di Donald Trump rappresentano una minaccia importante, capace di affondare il settore automotive se non saranno tenuti a bada.

John Elkann e il punto della situazione

E a peggiorare il quadro vi sarebbero anche le regole europee sulle emissioni. Nel corso dell’incontro con gli azionisti di Stellantis, il manager ha delineato una situazione tutt’altro che incoraggiante. Esagerato? Dipende. Ma certamente pone il Gruppo nella posizione di essere considerato vittima delle circostanze e non un attore attivo.

È innegabile che il settore automotive sia stato colpito in modo forte: prima la pandemia, poi le nuove tensioni commerciali, soprattutto con gli Stati Uniti. Se poniamo la nostra attenzione alle regole europee sulle emissioni poi siamo costretti ad affrontare un discorso ancora più grande: quello sulla transizione energetica. Una transizione che con molta probabilità, John Elkann incluso, molti industriali non hanno saputo trasformare in occasione di guadagno.

In ogni caso, è evidente che la situazione non sia delle migliori. E su questo John Elkann potrebbe avere ragione. Le norme europee sulla CO₂, secondo lui, hanno spinto le aziende su una strada troppo ambiziosa, quasi irrealistica da seguire. Almeno per come è stata impostata finora.

Colpe da condividere per la crisi

Ma non si può dare la colpa ai governi e agli incentivi mancanti. Le imprese forse dovrebbero rivedere le proprie strategie: meno margini esagerati, più equilibrio. Perché alla fine, se le auto costano troppo e gli stipendi non bastano, la gente non può acquistare. E senza clienti che comprano, non vi sono vendite.

Si tratta di un problema che riguarda tutto il settore automotive. I dazi americani rappresentano la pesantissima goccia  che potrebbe far traboccare il vaso. Secondo John Elkann, serve un’alleanza forte tra Stato e aziende. Ma non si può non sottolineare che in un’economia di mercato, le aziende dovrebbero eventualmente pensare di vendere di più guadagnando un po’ meno, piuttosto che rimanere con lotti di macchine invendute.

Una via d’uscita, in realtà, potrebbe esserci. Ma le aziende del settore sono disposte a cambiare davvero? Stellantis, solo nel 2024, ha visto i suoi profitti crollare del 70%. E questo è un fatto estremamente grave dal punto di vista finanziario.

La criticità non riguarda la qualità dei prodotti, ma l’impossibilità di venderli. Come può una persona pensare a un’auto nuova, se fatica ad arrivare a fine mese? Come può permetterselo, quando persino le aziende che le costruiscono dipendono dagli ammortizzatori sociali? Serve una riflessione più ampia e generalizzata del settore e dei problemi che lo riguardano.

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