Eni ha deciso di affidarsi alle fredde temperature artiche per i suoi ultimi business: l’intesa che è stata sottoscritta dall’Ente Nazionale Idrocarburi insieme alla compagnia russa Rosneft punta infatti con decisione ai campi che sono stati scoperti nel Mare di Barents e alle zone del Mar Nero, una cooperazione che si spera possa essere fruttuosa. Secondo quanto affermato da Paolo Scaroni, amministratore delegato del gruppo, la partnership in questione dovrebbe riguardare anche il continente europeo e quello americano. Entrando maggiormente nello specifico, occorre sottolineare come i due blocchi coinvolti in maniera congiunta saranno quelli di Tsentraln-Barnetsevsky e di Fedynsky, mentre il deposito presente nel Mar Nero dovrebbe contribuire al recupero di riserve per un totale di ben trentasei miliardi di barili (il che equivale a un consumo totale di petrolio per un periodo di quattordici mesi).
La joint venture è quindi focalizzata in maniera strategica sull’oro nero e si conoscono già le partecipazioni, con Eni che potrà detenere una quota pari al 33,33%. Ad essere sinceri, questa intesa potrebbe anche bloccare per alcuni anni la produzione commerciale petrolifera, ma quello che interessa in questo momento è l’essersi assicurati una provincia finora mai esplorata e quindi molto importante per quel che riguarda il lungo termine.
Tra l’altro, non bisogna dimenticare che la produzione nei giacimenti russi non è mai stata così bassa come sta accadendo attualmente e questo non è certo un problema di poco conto, visto che il governo di Mosca deve gran parte delle proprie entrate finanziarie proprio al greggio. L’operazione avverrà su larga scala e la piattaforma sarà quindi continentale: un modello da seguire sarà quello sperimentato con successo dalla stessa Rosneft e da Exxon. Le parti sono già decise, così come le percentuali: Eni si accollerà in anticipo tutti i costi di investimento, mentre Rosneft provvederà a ottenere l’accesso a quei progetti che lo stesso ente ha avviato fuori dal territorio russo.