Non sono licenziamenti – la compagnia tiene a precisarlo fin dalle prime righe dei comunicati stampa – bensì “esodi incentivati”. Il risultato è, tuttavia, lo stesso: Air France ha l’obiettivo di incrementare l’efficienza economica delle proprie strutture del 20% entro il 2014, attraverso quanto definito “limitazione dell’evoluzione della massa salariale, un aumento e un maggiore efficacia del tempo di lavoro, un non rimpiazzo delle uscite e un miglioramento dei processi”.
Ne deriva che la compagnia di bandiera francese, azionista di Alitalia, taglierà oltre 5 mila posti di lavoro entro la fine del 2013. Di questi, 1,5 mila riguarderanno hostess e steward. Non vi saranno però licenziamenti coatti, bensì solamente un blocco del turnover (nel periodo in questione usciranno circa 1,7 mila persone, non sostituite) insieme ad altre forme di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Intense le trattative con i sindacati.
Per quanto concerne i tagli di posti rimanenti (cioè quelli oltre le uscite non rimpiazzate), queste coinvolgeranno oltre 2 mila dipendenti tra personale di terra, 900 nel personale di bordo, 212 piloti. L’intento della compagnia è quello di trovare un accordo con ole singole parti, proponendo ai sindacati incentivi al prepensionamento, o all’uscita volontaria dall’azienda, o incentivi mirati al passaggio al part time, o ancora misure di suddivisione del tempo di lavoro per il personale di bordo e per i piloti.
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E se, anche dopo queste proposte, non si riuscisse a trovare l’atteso accordo? “I licenziamenti coatti non potranno essere evitati” precisa Air France, a partire dalla seconda parte del 2013, “per tener conto della necessaria riduzione dell’attività e delle chiusure di alcune rotte”, previste dal piano di riassetto a breve termine. Insomma, ancora una volta, anche al di là dei nostri confini, a farne le spese sono sempre i dipendenti, “rei” di alimentare un eccessivo costo del lavoro.
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