Per il momento non vi sarà nessun tipo di confronto tra Ubi Banca e i sindacati in merito al piano di riorganizzazione industriale dell’istituto di credito bergamasco: il piano in questione era stato approntato e stabilito lo scorso mese di luglio, con i consigli di gestione e di sorveglianza concordi nel valutare le priorità per la banca lombarda. L’obiettivo di tutte queste misure è quello di far risparmiare ben 115 milioni di euro per quel che riguarda il costo del lavoro, riducendo di otto punti percentuali le spese che si sostengono per il personale.
Di conseguenza, si era deciso di provvedere a numerosi licenziamenti e riduzioni lavorative, ma anche di chiudere e vendere i vari sportelli sparsi nel nostro paese, senza dimenticare lo snellimento delle cosiddette “banche rete”. Le sigle sindacali coinvolte non hanno affatto gradito tutti questi interventi così drastici, tanto è vero che si è dovuto procedere con una controproposta da parte dei vertici aziendali. In pratica, il nuovo piano ha introdotto entro i prossimi cinque anni settecento prepensionamenti e altre migliaia di posizioni da modificare, puntando sul tempo parziale. Neanche questi numeri sono piaciuti ed ecco che si è arrivati all’attuale muro contro muro.
Quali sono le prospettive per il futuro più immediato? Per ora sono previste diverse assemblee nei vari luoghi di lavoro, con la settimana prossima che sarà quella iniziale in questo senso. I sindacati rimangono fermi nelle loro convinzioni, soprattutto in merito ai 115 milioni di euro di riduzione dei costi che è stato annunciato a più riprese dall’ad di Ubi Banca, Victor Massiah. Secondo quest’ultimo, i problemi del gruppo di Bergamo non sono gravi come quelli di altri istituti di credito, ma questa non è una giustificazione per licenziare con tale ritmo. Tra l’altro, non è rimasto molto prima che scada la procedura di consultazione dei sindacati su questa riorganizzazione, visto che il termine è previsto per il prossimo 17 ottobre.