La crisi dell’auto non è finita, e corre il rischio di creare la perdita di altri 220 mila posti di lavoro. Secondo quanto riporta Riccardo Celi, sul magazine Motori 24 de Il Sole 24 Ore, infatti, la legge di stabilità che per il 2013 prevede l’incremento di un punto percentuale dell’imposta sul valore aggiunto (che pertanto dall’estate prossima passerà dal 21 al 22 per cento, e dal 10 all’11 per cento per i beni con aliquota inferiore), non potrà che produrre degli effetti ulteriormente deprimenti sul mercato dell’auto che è già di per sé in profonda crisi.
“Tuttavia” – prosegue il giornalista – “l’aumento coinvolgerà anche chi l’auto l’avrà prenotata prima e la ritirerà dopo l’entrata in vigore della nuova aliquota, poiché conta la data di fatturazione e non quella d’acquisto. Benché in passato fosse stato ipotizzato che l’aumento avrebbe dovuto essere di due punti percentuali e non di uno solo, l’annunciato ritocco dell’aliquota ha provocato ugualmente l’immediata reazione di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di veicoli di tutte le marche il cui presidente, Filippo Pavan Bernacchi, non ha risparmiato l’ennesima fiala di vetriolo lanciata in faccia al Governo: “Siamo allibiti – ha commentato – anche perché il ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, aveva più volte promesso che avrebbero fatto di tutto per evitare l’aumento. La nostra è un’economia basata sui consumi e la politica fiscale del Governo Monti ha colpito e colpisce i consumi, causando la moria di centinaia di migliaia di imprese. Tutto questo produce disoccupati a ciclo continuo”.
Qualche calcolo: l’Iva oggi pesa su un autoveicolo in media 220 euro per ogni punto percentuale di aumento. Pertanto, con il nuovo aumento dell’aliquota il cittadino pagherà circa 440 euro in più rispetto al periodo pre-Monti. “E infatti” – ha proseguito Pavan Bernacchi sulle stesse pagine di Motori 24 – “dal 2007 a oggi il mercato dell’auto ha perso il 40%, e le nostre aziende stanno morendo, con 220mila posti di lavoro a rischio. Quest’anno si venderanno meno di un milione di auto ai privati. Un dato che per la filiera dell’automotive italiana fa impallidire la profezia dei Maya. È chiaro che il Paese cadrà ancora di più in recessione”.