Ci si è quasi abituati ai continui aumenti del debito pubblico italiano: l’ultimo in ordine temporale è quello registrato lo scorso mese di gennaio, il quale ha reso vana la tregua di fine 2012. Nel dettaglio, si è raggiunto un nuovo massimo storico, vale a dire ben 2.022,7 miliardi di euro. I numeri sono stati forniti, come di consueto, dalla Banca d’Italia, il cui bollettino di marzo ha messo in luce come il debito delle amministrazioni pubbliche si sia gonfiato di altri trentaquattro miliardi di euro rispetto a dicembre. I duemila miliardi sono una soglia psicologica, dunque scendere al di sotto di essa è fondamentale.
Che cosa è successo di preciso per peggiorare ulteriormente il quadro? Secondo Via Nazionale, i novecento milioni di euro relativi al fabbisogno, l’emissione di titoli sopra la pari e il rafforzamento dell’euro hanno determinato tutto ciò. C’è comunque da rilevare come il debito delle amministrazioni locali sia sceso di mezzo miliardo, mentre quello degli enti previdenziali non ha subito grandi modifiche. Non è un caso che la Banca Centrale Europea si sia scagliata proprio contro il debito pubblico delle economie avanzate, ritenuto un elemento in gradi di rendere ancora più incerto l’attuale quadro.
Il monito non è finora riuscito a ottenere i risultati sperati. Il Ministero dell’Economia ha portato a compimento il riacquisto dei titoli di Stato, in modo da ridimensionare il debito che in questo momento è in circolazione. Nel dettaglio, tale operazione ha coinvolto cinque strumenti finanziari con due specifiche scadenze, tre e cinque anni (il valore totale ha sfiorato i tre miliardi di euro). Non se la passa meglio la Spagna. Il governo di Madrid deve infatti fare i conti con un incremento significativo del debito pubblico nell’ultimo trimestre dello scorso anno, tanto che il record in questione ha superato l’84% del prodotto interno lordo (favorito sia dal livello locale che da quello centrale).