Cassa Depositi e Prestiti ha chiuso il 2012 in utile, con una crescita dei profitti a quota 2,85 miliardi di euro, il 77 per cento in più rispetto a quanto realizzato nel 2011. In particolare, Cdp avrebbe registrato una plusvalenza di 485 milioni di euro derivante dalla cessione parziale delle quote di azioni Eni: tuttavia, anche detraendo dal totale questa voce positiva, l’utile sarebbe cresciuto comunque del 50 per cento, grazie al miglior andamento del costo della raccolta e del rendimento degli impieghi, in grado di trainare il margine di interesse da 2,3 a 3,5 miliardi di euro in soli 12 mesi.
“Al di là dei risultati reddituali, nel bilancio licenziato dalla Cassa spicca l’impatto della sua attività in rapporto all’intera economia italiana” – sottolineava il consueto approfondimento de La Repubblica – Economia – “In una nota Cdp ha specificato di aver mobilitato risorse complessive per 22 miliardi, l’1,5% del Prodotto interno lordo. La crescita è stata tale da indurre il management ad alzare l’obiettivo per il triennio 2011-2013 da 40 a 50 miliardi, più del 3% del Pil. Le diverse voci degli impieghi sono rivelatrici delle dinamiche interne al Paese: quelli nei confronti degli Enti pubblici si sono quasi dimezzati a 3,3 miliardi per i noti vincoli di finanza pubblica che imbrigliano i bilanci delle amministrazioni locali” (in proposito, qui il nostro approfondimento sulla cessione di quota Eni detenuta dalla Cassa).
Per quanto concerne le principali rilevazioni patrimoniali, la crescita delle partecipazioni avrebbe condotto l’attività della Cassa a più di 300 miliardi di euro (+ 12 per cento rispetto alla fine del 2011). Per quanto attiene la raccolta, il risparmio postale porta in dote oltre 233 miliardi, in crescita del 7 per cento nonostante la crisi economica.
Infine, al ministero del Tesoro – che controlla la Cassa Depositi e Prestiti – e alle fondazioni bancarie partecipanti al capitale dell’ente, è stata garantita una remunerazione del capitale del 19,7 per cento, rispetto all’11,7 per cento del 2011.