L’Italia dovrebbe considerare seriamente l’opzione di pagare gli stipendi e le pensioni più alte del settore pubblico con titoli di Stato, più precisamente i Bot (Buoni Ordinari del Tesoro). È questa l’opinione espressa dal principale sindacato del nostro paese, la Cgil (Confederazione Generale Italiana del Lavoro), anche se non è la prima volta che si sente parlare di una idea del genere. Come ha spiegato Susanna Camusso, numero uno della confederazione di cui si sta parlando, l’utilizzo dei titoli in questione per le cosiddette “pensioni d’oro” non andrebbe certo a eliminare un problema grave come la disoccupazione, ma senza dubbio si tratterebbe di un bel segnale.
In pratica, i vantaggi sono presto detti, vale a dire le facilitazioni che si potrebbero ottenere per quel che riguarda le risorse finanziarie necessarie per gli investimenti. Cerchiamo di immaginare meglio uno scenario del genere. Se il nostro paese dovesse adottare una misura simile, in teoria si potrebbe ridurre l’importo totale di debito a breve termine a cui bisogna far fronte e che è necessario emettere ogni anno per rifinanziare il debito pubblico, giunto ormai oltre quota duemila miliardi di euro, un record poco invidiabile.
C’è però anche da sottolineare come i beneficiari dei Buoni Ordinari del Tesoro potrebbero dover vendere gli stessi sul mercato secondario in cambio di denaro contante (il cash per intenderci), aumentando di conseguenza i rendimenti; l’alternativa percorribile è quella che prevede l’accettazione di flussi diretti di denaro molto più bassi, in modo da ridimensionare la domanda aggregata dell’economia nazionale. D’altronde, non è molto chiaro quale soccorso verrà offerto da tale misura al nostro Tesoro in termini di collocamento dei titoli nel corso delle aste. La situazione non è delle più idilliache, soprattutto dopo che sono stati rilevati ben quattro milioni di poveri nel Belpaese e addirittura un solo milione di contribuenti che ha dichiarato nel 2011 redditi superiori ai settantamila euro l’anno.