Anno 2011, la fuga delle imprese italiane è divenuta un dato di fatto: come evidenziato dai dati della Cgia di Mestre, vi sono diversi motivi che hanno spinto più di 27mila aziende del nostro paese a trasferirsi alla data del 31 dicembre di due anni fa. Nello specifico, si tratta soprattutto della pressione fiscale, della burocrazia, del costo del lavoro, ma anche della continua inefficienza da parte della pubblica amministrazione, del poco credito a disposizione e degli oneri sempre maggiori dell’energia. Insomma, si sta parlando di ostacoli di non poco conto. Sempre secondo l’associazione veneta, gli ultimi anni erano stati caratterizzati da un incoraggiante contenimento del fenomeno, seppur presente, ma comunque dal 2000 al 2011 è stato registrato un aumento in questo senso pari a sessantacinque punti percentuali.
In aggiunta, c’è da sottolineare come sempre due anni fa erano oltre 1,5 milioni i posti di lavoro creati da queste stesse imprese all’estero. D’altronde, non si potevano attendere dati molto diversi, visto che fare impresa in Italia è divenuto nel corso del tempo sempre più difficile e complicato. Gli ostacoli sono stati citati in precedenza e sono quasi sempre insuperabili, al punto che gli imprenditori preferiscono trasferirsi in quei posti in cui il clima imprenditoriale e aziendale è molto più favorevole.
Ma dove sono andate di precise queste imprese? La Francia è tra i paesi più gettonati in assoluto, con oltre 2.500 aziende nostrane che vi hanno trasferito la filiera produttiva, grazie soprattutto alla certezza del diritto. Oltralpe, infatti, i tempi e i modi di pagamento risultano essere molto più puntuali e rapidi. Le scelte ricadono però anche sugli Stati Uniti (2.400 casi), la Germania (quasi 2.100), la Romania (poco meno di duemila) e la Spagna (1.925). al settimo posto figura invece la Cina, con poco più di 1.100 imprese che vi svolgono l’attività produttiva. La regione più rappresentata, infine, è la Lombardia.