In previsione, per Ubi Banca, c’è il riassetto interno. L’istituto creditizio, infatti, sta ridiscutendo la propria organizzazione e per il momento ha chiuso cinquantanove minisportelli e cinquantacinque filiali, per un totale di centoquattordici punti operativi. Inoltre, Ubi Banca trasformerà cinquantaquattro filiali in minisportelli. Questi ultimi, a livello di tipologia, sono filiali prive di autonomia. Due minisportelli, per concludere, diventeranno filiali vere e proprie.
La riorganizzazione di Ubi Banca coinvolgerà circa 1.300 lavoratori su 18.3777. Di questi, settecento provengono dalla precedente ridefinizione dell’assetto, e saranno accompagnati alla pensione, nei casi in cui sarà possibile, oppure potranno essere riqualificati.
Il riassetto annunciato dal quarto gruppo bancario italiano rappresenta la prima una serie di riorganizzazioni in atto da almeno sette anni, le quali sono coerenti con l’esigenza di accelerare l’utilizzo della multicanalità. Si tratta di riorganizzazioni che hanno condotto a una diminuzioni del 12,4% delle filiali. In questo momento sono 1.725) e a una forte riduzione del personale del 15,5%.
Gli esperti spiegano che il programma di riorganizzazione non va definito alla stregua di un ‘piano industriale’, e raccontano il passaggio che stiamo vivendo per quanto concerne tipologia e definizione dei consumatori. Oggi, infatti, il classico cliente che si reca in banca per effettuare operazioni di routine lascia il posto al “cliente 3.0” che, con un computer, un tablet o uno smartphone, ‘porta la banca direttamente a casa propria’, standosene comodamente seduto in poltrona. Questo è un fenomeno in continua evoluzione se si pensa che i clienti on line del gruppo sono cresciuti del 190% in 7 anni, passando dai 421mila del 2007 al milione e 222mila del 2013. Per Ubi Banca, dunque, la parola d’ordine sembra essere una: “Adeguarsi”.