Mario Draghi l’aveva detto che non erano ancora maturi i tempi per cambiamenti sostanziali nella politica economica dell’Eurozona: non stupisce quindi che la svolta monetaria della BCE sia stata rinviata a settembre con tanto di revisione di stime.
In particolare quelle relative all’inflazione, le quali sono state ritoccate al ribasso. Quello che è apparso evidente è che il Governatore della banca europea ed il suo team abbiano deciso di tenere in conto tutte le possibile sfumature della situazione economica ed è per questo che la riunione di Tallinn dei governatori delle banche nazionali che doveva sancire l’inizio della svolta per la politica monetaria della BCE, almeno da questo punto di vista si è risolta in un nulla di fatto.
Si è deciso di rimandare tutto alla fine dell’estate e a due settimane dalle elezioni tedesche. Il punto è uno solo: per quanto l’inflazione finalmente ci sia, essa non è ancora abbastanza forte da convincere Mario Draghi ad accelerare l’uscita da due anni di politica monetaria ultraespansiva. E ancora, nell’ultimo mese, secondo gli economisti della Banca centrale europea, la situazione sarebbe peggiorata al punto da far rivedere al ribasso le stime di crescita dei prezzi che viene posta all’1,5 per cento entro la fine del 2017, all’1,3 per il 2018.
I tassi di interesse? Rimarranno al momento al livello attuale in modo da lasciare i rischi per la crescita “ben equilibrati” e non orientati al ribasso. E per preoccuparsi di ciò che accadrà con il cambiamento della politica monetaria… c’è ancora un po’ di tempo.