È stata ignorata dagli investitori la prima asta per la vendita del marchio Alitalia: sarà questo davvero il modo giusto per affrontare la dismissione dell’ex compagnia di bandiera? È una domanda che sorge spontanea se si pensa che dal prossimo 15 ottobre sarà Ita a prendere il suo posto.
Asta per il marchio “andata deserta”
L’asta è “andata deserta“: è questa la frase scelta da quasi tutti i media per raccontare quello che è accaduto lo scorso 4 ottobre, quando ci si aspettava che sul tavolo dei commissari straordinari di Alitalia arrivassero, entro le 14, le offerte vincolanti per l’acquisto del marchio storico. Tutto ciò non è accaduto ma la sorpresa, da parte dei rappresentanti del settore non vi è stata. Questo perché il prezzo di partenza proposto dalla compagnia in amministrazione straordinaria è stato ritenuto da sempre troppo elevato.
Un costo ritenuto fuori mercato in prima istanza da Ita, la compagnia che più di tutte potrebbe essere interessata al suo acquisto. La base di asta stabilità è stata ritenuta troppo alta da tutti: basta sottolineare che al rilevante prezzo di 290 milioni di euro si sarebbero poi dovuti aggiungere sia l’Iva che gli oneri fiscali richiesti per legge. Un costo eccessivo per qualsiasi compagnia a prescindere dall’appetibilità del “soggetto” e anche tenendo conto dei bisogni di Alitalia a pochi giorni dalla sua dismissione.
Nei giorni scorsi il presidente di Ita Alfredo Altavilla non aveva nascosto la scarsa attrattiva di un prezzo di base così alto per il marchio di Alitalia, definendo irrealistica la base d’asta. “Rende antieconomico l’investimento“, aveva sottolineato, “non può valere tanto un marchio che ha caratterizzato un’azienda che ha perso tre miliardi e mezzo a livello operativo in 11 anni“.
Valore del marchio intorno ai 150 milioni di euro
Commentando, il manager aveva anche aggiunto che Ita avrebbe potuto presentare un’offerta in caso di calo del prezzo. Cosa che non è avvenuta lo scorso 4 ottobre ma che sicuramente avverrà nella seconda fare che sarà aperta per la sua vendita e che darà spazio a offerte di tenore più basso rispetto alla prima richiesta. Non si può infatti sottovalutare il fatto che esperti del settore hanno stimato un valore pari a 145 e 150 milioni di euro per il marchio nella migliore delle ipotesi.
Intanto, per quel che concerne Alitalia e i suoi operatori si è tenuto il tavolo di confronto tra sindacati e ministero del Lavoro per riuscire a far partire la procedura di legge che proroghi la Cigs di un anno, già richiesta e in qualche modo programmata e si è discusso della possibilità di un prolungamento dell’ammortizzatore sociale fino al 2023: una soluzione preannunciata dal ministro del Lavoro Orlando ma che deve essere indicata da una norma dedicata per diventare ipotesi reale. Tutto mentre i lavoratori pensano a un nuovo sciopero.