Dopo le prese di posizione della Securities and Exchange Commission (Sec) americana, ora anche la Consob si scaglia contro il cosiddetto “flash trading”. Di cosa si tratta esattamente e perché tutti puntano il dito contro il suo funzionamento? Il flash trading è una specifica compravendita di titoli azionari, la quale presenta però come svantaggio la formazione degli interessi nascosti, piuttosto dannosi e imprevedibili. Il flash trading è in grado di sfruttare una maglia larga del meccanismo vero e proprio del trading online. In pratica, i flash trader sono anche dei “market maker” e quindi possono immettere degli ordini che non sono obbligati a far visualizzare al mercato.
In tale maniera, quando si individuano vari ordini di acquisto, gli stessi flash trader immettono le vendite che appaiono e scompaiono in appena un millesimo di secondo. Ebbene, la Commissione Nazionale di Società e Borsa ha espressamente richiesto a Borsa Italiana di introdurre in tale regolamento anche una penale ben precisa e salata: in questo modo, tutti quei trader che si saranno resi responsabili della violazione di un limite massimo di ordini non eseguiti saranno sanzionati. La decisione non è certo casuale e il presidente della Commissione, Giuseppe Vegas, l’ha adottata dopo aver esaminato attentamente la situazione attuale del mercato.
Nel dettaglio, le negoziazioni che sfruttano tutti questi ordini in un breve lasso di tempo (operazioni note anche come “High Frequency Trading”) rappresentano il 50% dei volumi totali di Piazza Affari, ma soltanto l’1% di essi diventa poi un eseguito reale per quel che concerne le piattaforme. La proporzione è stata digerita molto male dalla Consob, tanto che si è deciso di intervenire con estrema urgenza, anche perché c’è un altro problema collegato al flash trading: si tratta della maggiore volatilità che viene creata da quest’ultimo, oltre ai vari blackout dei listini e alle influenze eccessive sulla formazione dei prezzi finali.