Il tasso di inflazione annuale della Tanzania è giunto a un record davvero poco invidiabile, vale a dire al 19,2%: il dato in questione si riferisce allo scorso mese di novembre, mentre appena un mese prima l’andamento era inferiore (17,9%), segno che la situazione è davvero drammatica, a causa soprattutto dell’incremento dei prezzi alimentari e dei carburanti. Secondo l’istituto nazionale di statistica, il paese ha ormai eguagliato il livello più alto degli ultimi quindi anni, anche perché ormai le scorte di cibo possono essere considerate poco adeguate. C’è anche da considerare che il settore delle bevande non alcoliche ha oltrepassato i ventisei punti percentuali di rincaro, mentre trenta giorni fa questo stesso valore si era attestato al 24%. Tra l’altro, siamo di fronte al tredicesimo aumento consecutivo per quel che concerne l’andamento dei prezzi al consumo, non certo un “rally” incoraggiante.
A questo punto, il governo di Dodoma deve necessariamente impegnarsi nell’affrontare queste vere e proprie sfide economiche: si può parlare a ragione di una sorta di ultimatum, o l’esecutivo sarà in grado di riassestare il sistema e di indirizzare nella direzione giusta i prezzi delle commodity, oppure si rischieranno le stesse proteste politico-sociali che hanno sconvolto paesi come l’Egitto e l’Africa. Eppure la Tanzania è il terzo maggior stato africano per quel che riguarda la produzione di oro, ma non riesce a trarre i giusti vantaggi da questa leadership.
Un altro grosso problema, inoltre, è rappresentato dalle scorte di elettricità, con la domanda e l’offerta che non riescono mai a coincidere. In effetti, nemmeno questi due potenziali valori riescono a incidere in positivo, tanto che le principali compagnie dei due settori hanno annunciato da tempo che non saranno raggiunti gli obiettivi iniziali in termini di produzione. Tra i colossi aurei che operano in questa zona figurano la Africa Barrick Gold Limited, la sudafricana Anglogold Ashanti Limited e l’australiana Resolute Limited.