Nonostante un piano di austerità molto importante e severo, la Grecia potrebbe non essere in grado di sfuggire al default, previsto per il prossimo marzo. Se ciò dovesse realmente accadere, potrebbe innescarsi una reazione a catena superiore (e più devastante) rispetto a quella sperimentata dagli operatori finanziari dopo il fallimento di Lehman Brothers, come ha rilevato John Paulson, soprannominato il “Sultano dei subprime” per aver scommesso sul crollo dei famosi prestiti americani.
Come un castello di carte, i diversi livelli del sistema bancario e finanziario europeo crollerebbero. Il fallimento di uno stato è molto più complicato di quello di una banca. Infatti, può concretizzarsi in diversi modi. Tradizionalmente, il default si verifica attraverso una svalutazione della moneta (per le obbligazioni emesse nella valuta dello Stato).Ci si trova oggi in uno scenario particolare. La Grecia non può svalutare la sua moneta (a meno che si prenda in considerazione un’uscita dalla zona euro). Questo difetto può quindi essere considerato come una ristrutturazione obbligatoria del debito detenuto dagli investitori. In questo caso, la Banca centrale europea (BCE), le banche e le compagnie di assicurazione greche, così come gli investitori stranieri sarebbero trattati allo stesso modo. Si creerebbe una sorta di sostegno implicito da parte della BCE nei confronti della Grecia (che è vietato dallo statuto dell’Istituto di Francoforte). Le istituzioni finanziarie greche sarebbero quindi indebolite, se non in default di pagamento. Questo dovrebbe tradursi in perdite ulteriori a quelle già registrate, a causa di una riduzione dei pagamenti dei debiti (o della ristrutturazione di questi).
Scatterebbero i contratti di CDS (Credit Default Swap, assicurazione crediti) e aumenterebbero ulteriormente le perdite per le istituzioni che sono a rischio di default della Grecia. Ma oltre a queste conseguenze, il sistema monetario (noto come l’Eurosistema) potrebbe essere messo sotto pressione. Infatti, in virtù di questo sistema, le banche centrali dei paesi membri della zona euro facilitano i pagamenti all’interno dell’area. Tuttavia, quando i mercati interbancari non funzionano (o funzionano male), le banche centrali “sovvenzionano” le loro banche nazionali. Secondo le ultime statistiche, la Bundesbank sarebbe creditore nei confronti dell’Eurosistema di circa 500 miliardi di euro, mentre la Banca Nazionale di Grecia sarebbe in debito di un centinaio di miliardi di euro.Un default della Grecia comporterebbe ulteriori perdite legate al sistema di compensazione.
Si può quindi immaginare l’apocalittico effetto che ne deriverebbe e il caos connesso alla regolamentazione di questi fallimenti, che si tradurrebbe in un peggioramento della crisi del credito (credit crunch) già in essere (nonostante l’impatto positivo del funzionamento dell’operazione di rifinanziamento a lungo termine della BCE per allentare il cappio attorno alle banche e alla loro liquidità, denominata LTRO).
Coincidenza, la BCE proporrà un nuovo programma di liquidità il 29 febbraio prossimo. Le domande potrebbero essere comprese tra i 250 miliardi e i 1.000 miliardi di euro. Il volume della domanda dovrebbe essere un indicatore della paura degli istituti bancari e delle loro aspettative di scenari di stress, come ad esempio il fallimento della Grecia.
La fiducia dei membri della zona euro nei politici greci è in calo, e nessuno sembra avere il coraggio politico di dire ai cittadini di Eurolandia che la crisi non può che passare da una rinuncia di una parte della sovranità. Si è dovuto attendere l’errore del fallimento di Lehman Brothers perché il Tesoro degli Stati Uniti si adoperasse per salvare il sistema bancario. Forse bisognerà attendere il default della Grecia perché i politici della zona euro prendano finalmente coscienza della grandezza della posta in gioco e dei rischi connessi allo scenario attuale…