Gli Stati Uniti non hanno apertamente fatto appello ai paesi membri del G20 perché attingano alle riserve strategiche di petrolio, secondo quanto si è appreso dai leader del G20 i cui ministri delle finanze e banchieri centrali si sono riuniti questo fine settimana a Città del Messico. Ma gli USA ritengono che l’impennata dei prezzi dell’oro nero, alimentata dalle tensioni tra Iran e Occidente attorno alle ambizioni della repubblica islamica e al controverso programma nucleare, rappresenti un serio rischio per l’economia globale.
Lo stesso Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha voluto mettere in guardia contro tale minaccia. Le nuove sanzioni che si annunciano contro l’Iran, provenienti dagli Stati Uniti e dall’Unione europea hanno già costretto alcuni paesi a ridurre i propri acquisti di petrolio iraniano.
Il segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner ha affermato che Washington sta valutando la possibilità di fare ricorso alle proprie riserve strategiche per contrastare le interruzioni delle forniture causate dalle tensioni in Medio Oriente. “Ovviamente l’Iran può fare un sacco di danni all’economia globale”, ha detto Geithner. “Stiamo lavorando molto attentamente per cercare di minimizzare questo rischio e assicurarci che ci siano fonti alternative di approvvigionamento dall’Arabia Saudita e altri per compensare le minori esportazioni dall’Iran”.
La scorsa estate l’amministrazione Obama, così come altri paesi occidentali, ha rilasciato complessivamente 60 milioni di barili di riserve strategiche, quale risposta alle interruzioni di forniture petrolifere libiche.
Oggi i timori di una contrazione dell’offerta, aggravati dalle minacce di un blocco da parte di Teheran dello Stretto di Hormuz, nodo vitale del commercio mondiale di petrolio, hanno spinto i prezzi verso nuovi massimi ed esercitano una notevole pressione politica sul presidente Obama.
All’indomani di un record in euro, il prezzo al barile di Brent (il greggio del Mare del Nord) ha varcato la soglia dei 124 dollari, alimentando nuovi timori, soprattutto circa la stabilizzazione dell’economia mondiale, rimessa in discussione e nuovamente in pericolo.
In una bozza di comunicato si legge che i membri del G20 stimano che il rialzo dei prezzi del petrolio possa rappresentare una grave minaccia per l’economia globale. Nello stesso comunicato si fa riferimento a segnali positivi, in particolare per l’economia americana, ma che questi sono tuttavia timidi.
Angel Gurria, segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo, ha replicato che il rilascio di riserve non aiuterebbe, in questo momento, ad allentare la corsa al rialzo dei prezzi del petrolio.
Obama, in corsa per la propria rielezione in occasone delle presidenziali del 6 novembre, è sotto pressione: ciò che gli viene chiesto, anche da parte del suo stesso partito, è di prendere provvedimenti per contenre i prezzi della benzina e preservare la ripresa economica degli Stati Uniti.
I consumatori statunitensi hanno visto il prezzo del carburante passare da quasi 9 centesimi la scorsa settimana a una media di 3,61 dollari al gallone. Il costo dovrebbe aumentare ulteriormente, spingendosi fino $ 4 o anche oltre, durante la stagione estiva.