Il sistema bancario cinese è una minaccia reale, ma sottovalutata, per l’economia asiatica e, conseguentemente, per la crescita globale. Esso presenta alcune peculiarità: la prima risiede nel suo rapporto con la politica, la seconda è legata al livello molto elevato di prestiti non performing e, infine, il forte coinvolgimento nel finanziamento della bolla immobiliare, gonfiatasi negli ultimi anni.
Le quattro maggiori banche della Cina sono nelle mani della politica locale. La nomina dei principali dirigenti e la strategia di sviluppo sono controllate dal Partito Comunista. Il forte coinvolgimento delle autorità politiche nella conduzione degli affari finanziari in Cina spiega alcune decisioni, che si pongono in contrasto con le pratiche di prudenza necessarie per il settore finanziario.Infatti, all’indomani della crisi finanziaria seguita al crollo di Lehman Brothers, la PBOC (la banca centrale della Cina) ha fatto appello alle banche perché sostenessero sostenere il piano di recupero, aumentando il volume del credito. Questa esplosione del volume dei crediti è stata accompagnata da una crescita dei prestiti non-performing, che rappresentano delle perdite nel lungo periodo (e quindi una riduzione della solvibilità del sistema bancario cinese). Secondo un recente studio dell’FMI, il volume dei prestiti in sofferenza potrebbe rappresentare il 60% del capitale del settore finanziario. Il continuo peggioramento del bilancio delle banche cinesi ha motivato lo sviluppo del settore del “shadow banking”.
All’esplosione del volume dei prestiti in sofferenza si aggiunge un rischio significativo che cresce quotidianamente: l’esplosione della bolla immobiliare. Il malcontento dei cinesi nei confronti di un mercato immobiliare i cui prezzi polevrizzano giorno dopo giorno ogni record precedente, escludendo molti dei nuovi membri della “classe media” dall’accesso alla proprietà immobiliare, è in costante aumento. Il rallentamento della crescita del mercato immobiliare potrebbe causare l’accelerazione dei prestiti in sofferenza, il riconoscimento delle perdite nei bilanci bancari e, in ultima analisi, indebolire la solvibilità del settore finanziario.
La vulnerabilità delle banche cinesi dovrebbe in primis ripercuotersi sulla crescita della stessa Cina, considerato il rischio di un credit crunch. Essa dovrebbe inoltre influire sulla crescita globale che, a seguito della spirale recessiva in Europa, passa attraverso lo sviluppo dei paesi emergenti, soprattutto quelli del cosiddetto BRIC.
Ma al di là dei fattori endogeni, il settore finanziario cinese è soggetto ai rischi esogeni, quindi di mercato, connessi principalmente alla svalutazione delle monete. Dal 2006 la PBOC ha incrementato il proprio bilancio totale, più di tutte le altre banche centrali (nonostante i diversi programmi di quantitative easing della Fed o della BOE o, ancora, i finanziamenti diretti, come quelli attuati dalla BCE). Questa azione mira a limitare l’eccessivo deprezzamento dell’euro contro il dollaro, che potrebbe spingere gli Stati Uniti e i membri della zona euro a chiedere alla Cina un nuovo sforzo di rivalutazione della sua moneta. E la Cina sa perfettamente quali sono le implicazioni di una rivalutazione troppo violenta della sua moneta nei confronti del dollaro o delle altre valute.