IPO di Facebook, un jackpot miliardario

 L’IPO di Facebook renderà miliardari. Gli investitori della prima ora, come il fondo Accel Partners, raccoglieranno fino a 800 volte il loro investimento iniziale, in occasione dello sbarco di Facebook in Borsa. Un evento senza precedenti nella storia del capitale di rischio.

Non solo tra i dipendenti del social network, tra cui figura, in primo luogo, il capo del gruppo, Mark Zuckerberg. Ma anche in seno alla comunità degli investitori della prima ora, vale a dire le società di capitali di rischio che hanno creduto nel progetto del giovane studente di Harvard al 2005, ovvero un anno dopo la fondazione di Facebook. Sette anni fa, il fondo americano Accel Partners aveva investito $ 12,7 milioni nel social network. All’epoca, Facebook valeva solo 100 milioni di dollari. Oggi, sulla base di una valutazione di Facebook stimata tra i 75 e i 100 miliardi di dollari, la quota dell’11,4% di Accel Partners nel capitale vale quasi … dieci miliardi di euro. Quasi 800 volte l’investimento iniziale!

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Crollano utili UBS

 Un trimestre impegnativo nell’investment banking non ha risparmiato UBS: profitto netto della banca è precipitato del 61,4%.Il gruppo bancario svizzero ha archiviato il quarto trimestre con un utile netto pari a 393 milioni di franchi svizzeri ($ 428.300.000), ben al di sotto delle stime, e in calo rispetto agli 1,66 miliardi di franchi dello stesso periodo del 2010.

La maggiore delusione, dalla relazione diffusa Martedì  da UBS, è giunta dalla divisione di investment banking, con una perdita ante imposte di 256 milioni di franchi svizzeri ($ 279.100.000), mentre l’azienda ha sensibilmente ridotto le attività di rischio ponderate e il valore a rischio. “L’ottima performance nel settore del credito, nei mercati macro ed emergenti [è stata] superata dall’effetto delle condizioni di sfida del mercato sui ricavi”, secondo l’azienda.

Il segmento asset management e Swiss Bank hanno registrato un utile ante imposte di 882 milioni di euro e il ramo Wealth Management Americas un utile di 114 milioni. In quest’ultimo caso, gli afflussi sono stati pari a 1,9 miliardi di franchi, mentre hanno raggiunto 3,1 miliardi nel segmento della gestione patrimoniale. A livello di gruppo, l’afflusso è salito a 6,4 miliardi contro 4,9 miliardi, rilevato tre mesi prima.

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Ricapitalizzazione banche: verdetto finale

 L’Autorità bancaria europea (EBA) ritiene “inesatte e” fuorvianti ” le informazioni rese note dal Financial Times, secondo il quale la metà dei piani di ricapitalizzazione delle banche europee sarebbe poco credibile. Gli istituti di credito stanno trattenendo il respiro.

Mercoledì e Giovedì, sapranno se i loro piani di ricapitalizzazione sono stati approvati dall’Autorità bancaria europea. Nel mese di dicembre, l’EBA aveva imposto alle 30 principali banche nell’area dell’euro di trovare, complessivamente, un ammontare pari a 115 miliardi di euro di capitale entro il 30 giugno, al fine di raggiungere, entro tale data, un Core Tier 1 del 9% almeno L’obiettivo: evitare il contagio dalla crisi del debito della zona euro.

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Mitsubishi Motors chiude i battenti in Europa

 Mitsubishi Motors ha annunciato che, entro la fine dell’anno, cesserà la costruzione di automobili nel suo unico stabilimento in Europa occidentale, situato nei Paesi Bassi, a partire dal 2013. Non si è trattata di una sorpresa ma di una mossa che ci si aspettava, dopo la caduta delle vendite registrata nel continente. La decisione, secondo quanto ha precisato la compagnia nipponica, diverrà operativa entro la fine del 2012, e si iscrive in un piano teso a rifocalizzare le attività produttive sui mercati emergenti e a crescita più veloce, come la Cina e la Russia.

Confermando le informazioni divulgate poche ore prima dalla stampa, Mitsubishi Motors ha sottolineato che le condizioni economiche in Europa, dove il mercato dell’auto è influenzato negativamente dalla difficile congiuntura, non permettono al gruppo di continuare a produrre automobili, mentre le vendite sono aumentate in molte altre parti del mondo, tra cui nel Sud-Est asiatico.

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Banche USA, ondata di fallimenti

 Nonostante lo scorso anno i fallimenti bancari negli Stati Uniti siano diminuiti, almeno 758 istituti di credito sono a rischio bancarotta nei prossimi due anni, secondo un’analisi di Consulting Group Invictus.

Lo studio Invictus, muovendo sui dati resi pubblicamente accessibili, evidenzia che tale eventualità è dovuta principalmente alla debolezza della ripresa, che rischia di innescare una seconda ondata di insolvenze. Le banche oggetto dell’analisi, hanno assets totali di circa 440 miliardi dollari, ovvero una media di crica $ 580 milioni. Negli ultimi tre anni, 389 banche e casse di risparmio sono fallite, tra cui 90 nel 2011, secondo i dati FDIC (Federal Deposit Insurance Corporation).

“Mentre la possibilità di un fallimento bancario è seria, ciò che rende la situazione ancora peggiore è che la scomparsa di una di queste banche si ripercuoterebbe negativamente a livello locale, in particolare sulle relatà minori, sui proprietari più piccoli e su coloro che cercano di comprare o migliorare le proprie case “, ha detto Mustafa Kamal, Presidente e CEO di Invictus. Il problema è aggravato dal fatto che le grandi banche nazionali hanno iniziato a chiudere le loro filiali più piccole, e questo, per le comunità, si traduce in minori risorse di prestito.

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A Parma il nuovo convegno di Assiom Forex

 Gli operatori finanziari del nostro paese hanno già segnato con dei cerchi rossi due date ben precise nel calendario: si tratta dei prossimi 17 e 18 febbraio, i giorni prescelti per lo svolgimento del diciottesimo congresso destinato proprio a questa categoria. L’evento in questione, molto atteso, si terrà nella città di Parma e sarà organizzato da un unico ente, l’Assiom Forex, l’associazione degli operatori che si occupa proprio dello studio e della ricerca di tecniche e strumenti relativi ai mercati finanziari. Tra l’altro, la stessa organizzazione a cui si sta facendo riferimento è una delle più importanti a mondo, visto che può vantare più di 1.500 soci in totale, un numero non certo irrilevante. Che cosa accadrà di preciso tra due settimane esatte? In pratica, sono previste molte occasioni in cui sarà possibile approfondire i vari temi di mercato, in particolare quelli di cui si discute con maggiore frequenza tra gli stessi operatori.

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Panasonic stima perdite ingenti

 Panasonic, uno dei leader internazionali della tecnologia applicata all’elettronica di consumo, sta portando in peggioramento le proprie stime sui risultati di fine anno. Stando a quanto affermato dalla società, infatti, l’esercizio fiscale si chiuderà con una perdita netta pari a 780 miliardi di yen (circa 10,2 miliardi di dollari), come naturale conseguenza di alcune determinanti fondamentali tra cui non può che spiccare il rallentamento della crescita economica internazionale, e la pressione negativa esercitata sul fronte produttivo dalle inondazioni delle fabbriche in Thailandia

Si tratta, a ben vedere, di un peggioramento molto significativo delle precedenti stime, che invece davano una perdita netta di 420 miliardi di yen. Ricordiamo in proposito come la previsione si riferisca all’attuale esercizio fiscale, in chiusura nel mese di marzo, e come – qualora trovasse conferma – la perdita 2012 sarebbe la più grave della storia di Panasonic: fino ad oggi, infatti, l’azienda (nata nel 1918) aveva incontrato il proprio anno peggiore nel 2002, con una perdita di 428 miliardi di yen.

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Europa blocca fusione tra NYSE e Deutsche Börse

 Mercoledì mattina a Bruxelles, i commissari europei hanno votato contro la proposta di fusione tra la Deutsche Börse e l’operatore NYSE Euronext. La Commissione europea ha stimato che l’operazione avrebbe “danneggiato in maniera significativa la concorrenza”.

NYSE Euronext e Deutsche Börse catturano oltre il 90% delle transazioni di derivati effettuate sui mercati dedicati, attraverso ​​Liffe ed Eurex. Entrambi gli operatori possono ricorrere alla Corte di giustizia dell’Unione europea in Lussemburgo, ma il processo potrebbe richiedere da uno a due anni.

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Utili Santander in calo del 35%

 L’utile netto della spagnola Santander, la più grande banca della zona euro per capitalizzazione di mercato, è crollato dell 35 per cento lo scorso anno, a € 5,35 miliadi, dagli 8,18miliardi di euro registrati nel 2010. Gli analisti si attendevano un utile di circa 7 miliardi.

Il collasso del mercato immobiliare (che ha deteriorato il protafoglio di assets) e la crisi del debito della zona euro hanno continuato ad erodere guadagni dell’istituto, costretta ad accantonamenti straordinari.

I ricavi sono cresciuti del 5%, portandosi a 44,26 miliardi. La banca spagnola ha un Core Tier 1 ratio già superiore al 9%, limite imposto dall’Eba, alla luce della nuova regolamentazione europea, e precisamente pari al 10,02%. I costi sono aumentati del 9% a 19,9 miliardi di euro, con un efficiency ratio del 44,9%. Gli impieghi sono saliti del 4% mentre i depositi del 3 per cento.

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Tesoro colloca oltre 7 mld di euro. Tassi in calo

 L‘Italia, la quarta nazione più indebitata del mondo, deve rimborsare o rifinanziare circa 90 miliardi di euro di debito in scadenza tra febbraio e aprile. Nonostante le persistenti preoccupazioni degli investitori sullo stato delle finanze pubbliche, i rendimenti dell’asta di Lunedì si attestanto ad un livello di quasi un punto percentuale più basso rispetto a quello toccato un mese fa.
La domanda è stata trainata principalmente dagli investitori nazionali, mentre gli operatori internazionali sembra abbiano preferito esercitare più cautela, in attesa di una soluzione duratura alla crisi del debito sovrano europeo. Buon risultato dunque, sostanzialmente in linea con le attese, che riflette una situazione di miglioramento per il mercato dei titoli italiani.
L’Italia è stata in grado, senza difficoltà, di collocare 7,47 miliardi di euro di titoli di debito con tassi nettamente inferiori, soprattutto sulle scadenze a 5 e 10 anni. Tale risultato, secondo la Banca d’Italia e gli analisti, confermerebbe un parziale allentamento delle tensioni sui mercati.

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